L’interdittiva antimafia ai danni di un impresa illegittimamente estromessa da un appalto blocca anche i risarcimenti del danno? Ecco la decisione del Consiglio di Stato.
La rilevanza e l’attualità della controversia non è minimamente scalfita dalla risalenza nel tempo dell’informativa antimafia di cui si discute, adottata il 19 luglio 2013. Infatti nel corso dell’udienza di discussione le parti hanno confermato la attuale vigenza di quella misura interdittiva. Inoltre non può sottacersi che, secondo un ormai consolidato (e condiviso) principio, il comma 2 dell’articolo 86 del ‘Codice delle leggi antimafia’ deve essere interpretato nel senso che il decorso del termine annuale non priva di validità (o di efficacia) l’interdittiva, in quanto l’amministrazione è tenuta ad emettere una informativa liberatoria nei confronti dell’impresa solo laddove sopraggiungano elementi nuovi, capaci di smentire o, comunque, di superare gli elementi che hanno giustificato l’emissione del provvedimento interdittivo (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4121 del 2016).
Nel caso in esame dagli atti di causa non emerge alcun elemento da cui dedurre l’eventuale superamento delle circostanze che avevano indotto la Prefettura ad adottare l’informativa de qua, avendo le stesse parti ammesso nel corso dell’udienza di discussione, come accennato in precedenza, la perdurante vigenza di quell’informativa.
Sarà l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato a dover chiarire se l’interdittiva antimafia ai danni di un impresa illegittimamente estromessa da un appalto blocca anche il risarcimento del danno, accertato con sentenza passata in giudicato.
Mentre un’interpretazione di carattere letterale (compatibile con il carattere evidentemente afflittivo della disposizione in esame) condurrebbe ad escludere da questa sanzione il risarcimento del danno rispetto “[ai] contributi, finanziamenti o mutui agevolati” dall’altra parte un’interpretazione logico – sistematica (capace di valorizzare la funzione dalla norma e l’obiettivo con essa perseguito di contrasto a fenomeni di criminalità su base associativa) dovrebbe condurre a ritenere che la locuzione “altre erogazioni” presenti piuttosto una valenza volta ad impedire nella sostanza l’erogazione di qualunque utilità di fonte pubblica in favore dell’impresa in odore di condizionamento malavitoso, a prescindere dalla fonte e dal tipo di tale utilità.
In allegato il testo completo della Sentenza.