“Sull’applicazione dell’articolo 143 del testo unico e sui limiti che la norma sembra mostrare- spiega- evidenzio quella che resta la principale carenza ordinamentale. La norma non contempla infatti misure diverse da quella dissolutoria anche quando gli elementi, sebbene non sufficienti a giustificare l’extrema ratio dello scioglimento, richieda tuttavia soluzioni meno traumatiche ma non meno efficaci per riportare l’amministrazione sui binari di una maggiore correttezza legalitaria. E’ un vuoto legislativo che non puo’ essere colmato efficacemente da interventi di sola supplenza amministrativa. Del resto si fa strada da tempo l’idea che, in sostituzione di sanzioni afflittive, si possano proficuamente applicare misure di carattere terapeutico, chiamiamole così, che non comportino l’interruzione delle attività da parte degli organi ordinari, né il loro allontanamento definitivo, ma il loro affiancamento con l’intervento mirato di commissari ad acta e di tutor. E ciò che è accaduto recentemente in tema di reati societari per importanti società del nostro Paese. Non sarebbe illogico trasporre questo ‘concept’ anche all’area della tutela legalitaria delle amministrazioni locali arricchendo cosi’ lo strumentario per un’ulteriore misura cautelare e preventiva non essendo plausibile che tra il provvedimento di scioglimento e la sua mancata adozione non possa trovare spazio intermedio alcuna ipotesi improntata su una più avanzata formula di controllo collaborativo”.