Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge 81/2017 è diventato pienamente utilizzabile da ieri il «lavoro agile». Già prima dell’approvazione della legge, tuttavia, molte aziende hanno avviato delle forme sperimentalidi smart working, che ruotavano intorno alle regole del telelavoro ed erano gestite mediante accordi collettivi stipulati a livello aziendale.
Le disposizioni si applicano ai rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro quinto del codice civile, ivi inclusi i rapporti di lavoro autonomo che hanno una disciplina particolare ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente capo gli imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile.
Le disposizioni del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, si applicano, in quanto compatibili, anche alle transazioni commerciali tra lavoratori autonomi e imprese, tra lavoratori autonomi e amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, o tra lavoratori autonomi, fatta salva l’applicazione di disposizioni piu’ favorevoli.
La nuova legge consente alle parti di modellare il lavoro agile con grande libertà, in funzione delle esigenze che di volta in volta si vogliono soddisfare. Una prima finalità può essere quella di ripensare l’organizzazione del lavoro, come suggerisce lo stesso articolo 18 della legge, dove chiarisce che lo smart working può servire a «incrementare la competitività» e dove prevede una «organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro».
In questa ottica, l’accordo per il lavoro agile potrà togliere centralità agli elementi più tradizionali del contratto, come il luogo e il tempo, potenziando gli obiettivi.