Più che per le possibilità di successo o per trovare lavoro, oggi quello che spinge ad avviare un’impresa è avere un’idea trasformabile in business. Due imprenditori su tre, infatti, hanno costruito l’attività dopo aver avuto un’intuizione e oltre il 60% lo ha fatto per valorizzare le proprie conoscenze e competenze.
E oggi in Italia sembrerebbero esserci molte idee di business visto che la voglia di fare impresa riguarda quasi il 60% dei cittadini sopra i 24 anni; in ogni caso, per chi è riuscito ad avviare un’impresa le principali difficoltà da superare sono state l’eccessivo livello delle tasse (nel 35% dei casi) e il peso degli adempimenti amministrativi (27%); di contro, chi non c’è riuscito o è uscito dal mercato vede le principali ragioni del proprio insuccesso nella difficoltà di trovare le risorse finanziarie necessarie, di fare fronte agli adempimenti burocratici, di comprendere il mercato nel quale collocarsi; e se provenire da una famiglia di imprenditori, cosa che riguarda quasi 1 imprenditore su 3, può aiutare nella fase di avvio di un’impresa, le capacità relazionali, la conoscenza del proprio mestiere e il talento sono i principali driver affinchè l’attività abbia poi successo; insomma, imprenditori si nasce e si diventa ma per avere migliori chances di sopravvivenza sul mercato contano molto anche la preparazione scolastica e formativa e le esperienze professionalizzanti come training e tirocini.
Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’indagine realizzata da Confcommercio-Imprese per l’Italia in collaborazione con Format Research contenuta nella guida della collana Le Bussole di Confcommercio “Dall’idea all’impresa” presentata in occasione dell’VIII Forum dei Giovani Imprenditori di Confcommercio “Evoluzioni – il futuro è già presente” in corso di svolgimento a Roma.
Secondo la ricerca, quasi il 60% dei cittadini italiani sopra i 24 anni ha voglia di impresa e, di questi, quasi il 40% ha provato o sta provando ad aprire una impresa o ha avuto l’idea di farlo. Un fenomeno che trova riscontro anche nei dati dell’osservatorio sull’imprenditoria di Cerved da cui emerge che delle 276mila nuove imprese nate nel 2014 in Italia, cioè non derivanti da fusioni e scissioni di imprese già esistenti, ben 171 mila (62%) sono riconducibili a neoimprenditori senza precedenti esperienze imprenditoriali.
Coloro che ad oggi sono ancora imprenditori ritengono che alla base della nascita di un’impresa ci sia un’idea trasformabile in business. Il 65,7% degli imprenditori intervistati, infatti, ha costruito l’attività dopo aver avuto un’intuizione. Molto rilevante anche il peso delle conoscenze e delle competenze, che nel 61,2% degli intervistati hanno costituito una leva fondamentale per la creazione dell’impresa. Meno rilevante, ma non da sottovalutare, è il driver della possibilità del successo. Per ciò che riguarda gli ex-imprenditori, è interessante notare come la prima leva per fare impresa sia stata la necessità di trovare un lavoro.
Presso gli imprenditori che sono riusciti a trasformare la propria idea di business in un’impresa ancora attiva sul mercato le difficoltà incontrate più frequentemente nel momento dell’avvio sono state il peso del fisco e quello degli adempimenti amministrativi.
Per quanto riguarda le ragioni alla base del proprio fallimento, sia per coloro che non sono riusciti a trasformare la propria idea di business in una impresa vera e propria o a farla crescere una volta fondata (gli ex imprenditori), sia per chi non è riuscito neanche a fondare la propria impresa, pur avendo avuto il desiderio di farlo, le risposte sono le medesime: difficoltà nel trovare le risorse finanziarie necessarie, difficoltà nel fare fronte agli adempimenti burocratici, difficoltà nel comprendere il mercato nel quale collocarsi.
L’indagine ha anche verificato qual è il “percorso” svolto per arrivare alla creazione dell’impresa e quali gli elementi ritenuti maggiormente rilevanti. Quanto conta provenire da una famiglia di imprenditori? Secondo la ricerca, l’origine familiare influisce sul successo dell’avvio di un’impresa, non è tutto, ma aiuta. Il 29,7% degli imprenditori che hanno un’impresa di successo provengono da una famiglia di imprenditori. Tale fenomeno prevale presso le imprese del commercio, spesso quelle di dimensioni più grandi, che insistono nelle regioni del Nord Italia. È vero che se si proviene da una famiglia di imprenditori si hanno maggiori possibilità di continuare ad essere imprenditori di successo, ma questa non è la componente più importante.
Le capacità relazionali, la conoscenza del mestiere, il talento costituiscono i driver più importanti per diventare imprenditori. E’ interessante notare come mentre gli imprenditori, ossia coloro che oggi sono imprenditori, sembrerebbero avere ben compreso l’importanza delle capacità relazionali e quindi, di converso, del network delle relazioni personali, coloro che imprenditori non sono, ma che sognano di esserlo, o che lo sono stati, per poi ritirarsi, sembrano sottovalutare l’importanza delle relazioni, prestando maggiore rilevanza al carisma dell’imprenditore e al talento.
Secondo gli imprenditori che sono riusciti ad avviare un’impresa, il classico dilemma che caratterizza il dibattito sociale sul fatto che esistano o meno delle «doti naturali» per svolgere un’attività imprenditoriale è superato dalla consapevolezza che «imprenditore si può diventare» attraverso la conoscenza del proprio mestiere (54,8%) ma anche dal fatto che per quasi il 60% degli intervistati fare l’imprenditore è un «mestiere» vero e proprio.
L’essere imprenditore non sarebbe quindi una caratteristica funzionale al talento, o alla personalità, ma un qualcosa legato alla creatività, alla capacità di fare innovazione e alla consapevolezza dei “saperi” che occorrono per svolgere tale attività. Se diventare imprenditore è possibile “imparando il mestiere”, diventa fondamentale individuare le caratteristiche, le competenze e la formazione che consentono di diventare un imprenditore di successo.
Le competenze che si sono rivelate veramente necessarie al momento della fondazione dell’impresa sono state la conoscenza del mercato, le conoscenze tecniche e quelle amministrative. E’ interessante notare come solo coloro che hanno continuato a portare avanti la propria impresa hanno attribuito estrema importanza alla “conoscenza del mercato” mentre coloro che ci hanno provato senza riuscirci ne hanno sottovalutato l’importanza.
Del tutto evidente la differenza tra le modalità per mezzo delle quali gli imprenditori che hanno continuato nella propria impresa e gli imprenditori che hanno chiuso hanno acquisito le competenze necessarie per fondare la propria impresa.
Nel primo caso prevale di gran lunga l’esperienza sul campo e la formazione vera e propria, nel secondo caso, coloro che hanno chiuso, l’acquisizione delle competenze necessarie è avvenuta sostanzialmente da «autodidatti», con esiti, è lecito immaginare, assai differenti e fortemente disomogenei.
L’evidenza della centralità di una preparazione scolastica e formativa rispetto al successo del progetto imprenditoriale è testimoniata anche dal quel 55,8% di imprenditori che ha ritenuto tale preparazione molto o abbastanza «di aiuto» per avviare la propria imprese, dato che sale a quasi il 90% rispetto a esperienze formative professionalizzanti, come tirocini e training, effettuate da 5 imprenditori di successo su 10. Ancora una volta chi ha provato ad acquisire «da solo» le competenze necessarie per fare impresa in genere non è riuscito nell’intento imprenditoriale.