Sugli immobili abbandonati potrebbe scattare lo sfratto dello Stato ai proprietari con assegnazione a chi li occupa abusivamente, per sopperire alle emergenze abitative?
Le amministrazioni hanno intenzione di pubblicare bandi con l’obiettivo di reperire alloggi privati che possano tamponare l’emergenza abitativa. Secondo l’associazione Federcasa sono circa 650mila in Italia le domande inevase di alloggi popolari inoltrate da famiglie a cui il comune non può assegnare la casa anche se ne hanno diritto e rientrano nelle graduatorie municipali.
La recente direttiva Minniti sugli sgomberi delle case, partendo dall’iniziale intento di disciplinare il fenomeno delle occupazioni abusive, in modo da tutelare i titolari di quegli immobili al cui interno si barricano gli homeless e intere famiglie di Rom, presenta alcune zone d’ombra.
La circolare chiede che venga effettuata una «ricognizione dei beni immobili privati e delle pubbliche amministrazioni inutilizzati» per consentire la predisposizione di «un piano per l’effettivo utilizzo e riuso a fini abitativi».
La Costituzione prevede tale possibilità di espropriazione per fini di interesse generale ma dare priorità in quest’ottica all’emergenza abitativa appare un’interpretazione un po’ forzata.
Tra le altre ipotesi quella di utilizzare i beni confiscati alla malavita per far fronte all’emergenza abitativa ha riacceso la discussione sullo scarso utilizzo di questi beni – si parla di 23 immobili confiscati – da parte dei Comuni, che dovrebbero essere assegnatari in via prioritaria di tali beni, come prevede il Codice antimafia.
Secondo quanto previsto dalle normative in materia di beni confiscati alla mafia, gli immobili che rientrano in questa categoria possono essere “trasferiti al patrimonio del comune per finalità istituzionali o sociali”, secondo quanto prevede la legge 109 del 1996.