economia-criminaleCon ordinanza 24927 del 15 giugno 2015, la Cassazione ha ribadito che la confisca diretta del profitto di reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante, quando l’utile o i beni direttamente riconducibili a tale utile sono rimasti nella disponibilità della stessa persona giuridica.

 

Il fatto

 

La vicenda su cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi riguardava il compimento di operazioni commerciali fittizie, attraverso la costituzione di società utilizzate al solo scopo di svolgere una mera funzione contabile intermedia (volta a consentire la realizzazione di frodi mediante il “sistema della triangolazione”), in modo da sottrarre al pagamento dell’Iva le operazioni commerciali compiute.

 

In particolare, venivano acquistate autovetture presso fornitori tedeschi, servendosi come intermediari fittizi di persone fisiche, titolari di imprese e società, che avevano emesso documenti e fatture di vendita false nei confronti di società schermo, consentendo in tal modo, non solo di lucrare l’Iva evasa, ma anche di giustificare contabilmente la provenienza delle merci alienate ai propri clienti a prezzi più bassi, rispetto a quelli praticati sul mercato.

 

In pratica, i proventi dell’attività illecita, derivanti dal mancato versamento dell’Iva dovuta per l’immatricolazione dei veicoli, venivano versati sul conto corrente di una società fantasma e poi fatti rientrare in Italia sotto forma di finanziamenti infruttiferi disposti da tale società a favore di un’altra, partecipata interamente dalla società fantasma, e investiti in operazioni immobiliari.

 

In seguito alle indagini della Guardia di finanza, veniva disposto sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, nell’ambito del procedimento penale a carico dell’amministratore unico delle due società e dei soci.

 

Avverso tale provvedimento veniva proposto appello, rigettato dai giudici del riesame secondo cui, al momento dell’emissione del decreto di sequestro, l’amministratore aveva la piena disponibilità dei beni sequestrati. Difatti, la circostanza che l’amministratore aveva successivamente dismesso la carica non era idonea, secondo i giudici del riesame, a escludere la riconducibilità allo stesso dei beni della società.

 

La pronuncia

 

La suprema Corte, con l’ordinanza in commento, alla luce dei principi di diritto tracciati dalle sezioni unite (sentenza n. 10561/2014) sui limiti della confisca diretta dei beni della società per fatti illeciti dei suoi rappresentanti (solo in quanto costituenti profitto diretto o derivato del reato), ha ritenuto sussistenti i presupposti della confisca per equivalente, poiché si era in presenza di società “schermo”.

 

In particolare, i giudici hanno richiamato l’orientamento delle sezioni unite secondo cui, nella nozione di profitto costituente l’oggetto della confisca diretta, non rientrano solo i beni appresi per effetto diretto e immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità comunque ottenuta dal reato, anche in via indiretta o mediata, come ad esempio, i beni acquistati con il denaro ricavato dall’attività illecita oppure l’utile derivante dall’investimento del denaro di provenienza criminosa.

 

La confisca diretta del profitto di reato, dunque, è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell’interesse della società, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto sono rimasti nella disponibilità della stessa persona giuridica.

 

Le sezioni unite hanno, in sostanza, affermato la possibilità di aggredire, mediante sequestro preventivo, il patrimonio della persona giuridica limitatamente ai beni costituenti profitto diretto o derivato del reato tributario commesso dal legale rappresentante nell’interesse della società, escludendo invece il sequestro preventivo per i beni che non sono profitto del reato.

 

A tale conclusione sono pervenuti sulla base di una distinzione tra la confisca diretta del profitto del reato e la confisca per equivalente che implichi una nozione allargata del profitto del reato. La confisca diretta (detta anche confisca di proprietà), prevista dall’articolo 240 cp, e resa obbligatoria per alcuni reati contro la pubblica Amministrazione dall’articolo 322-ter cp, riguarda il profitto del reato, vale a dire l’utilità economica direttamente o indirettamente conseguita con la commissione del reato.

 

La confisca per equivalente (detta anche confisca di valore), invece, è relativa a somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto del reato ed è destinata a operare nei casi in cui la confisca diretta non è possibile.

Infatti, la confisca per equivalente non ricade direttamente sui beni costituenti il profitto del reato, ma sul controvalore di essi; nei casi in cui non è possibile agire direttamente sui beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, a causa del loro mancato reperimento, è consentito, attraverso il trasferimento del vincolo dall’oggetto diretto all’equivalente, di apprendere utilità patrimoniali di valore corrispondente, di cui il reo abbia la disponibilità.

 

Specularmente, il sequestro preventivo, strumentale alla confisca anzidetta, può riguardare attività per equivalente, e dunque beni di cui l’indagato abbia la disponibilità. Anzi, costituisce proprio una condizione di operatività della confisca per equivalente la circostanza che, nella sfera giuridico-patrimoniale della persona colpita dalla misura, non sia stato rinvenuto il prezzo o profitto del reato per cui si procede, ma di cui sia ovviamente certa l’esistenza.

 

Peraltro, se in generale la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante deve essere esclusa, essa è invece ammessa nell’ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo un apparato fittizio, uno schermo attraverso cui l’amministratore agisce come effettivo titolare dei beni.