gruppi-di-interesseUna riflessione relativa a rapporto tra Media e Gruppi di Interesse.


L’articolo 2 (Diritti e doveri) della legge professionale 69/1963 dei giornalisti recita:

E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.

Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.

I media sono diventati un gruppo di interessi

E’ pleonastico affermare che i media mainstream sono ormai diventati uno dei gruppi di interessi come tanti altri e come tali vanno schedati e trattati. E questo va in conflitto se non in piena contraddizione con l’art. 2 della legge professionale.

La maggior parte dei giornalisti ne è anche cosciente, ma non hanno la forza di uscire da questo tunnel dove si sono cacciati, perdendo anche molta della fiducia dei lettori.

Ma questo non preoccupa nessuno, anzi, essendo convinti che ormai la comunicazione è cambiata e che la maggior parte dei cittadini formano le proprie opinioni leggendo i titoli e forse anche i sottotitoli o da qualche parola di un telegiornale, non si preoccupano più di tanto, perché anche se non svolgono il loro compito etico, svolgono sicuramente il loro compito di centrare l’obiettivo di chi gli dà il pane.

Quindi fanno un bel lavoro, creando degli slogan, più da agenzia pubblicitaria che da giornalista, dove con poche parole riescono a sintetizzare un concetto. Il concetto che deve passare.

Quindi, riescono ad inventarsi tutti gli slogan che servono per schematizzare dei concetti con delle frasi ad effetto come

  • Restore hope” (ridare speranza), per la missione “umanitaria” in Somalia,
  • Desert storm” (tempesta nel deserto) utilizzato nella prima Guerra del Golfo,
  • Iraqi freedom” (Libertà per l’Iraq) per la seconda Guerra del Golfo,
  • War on terror” (Guerra al terrorismo).

Oppure il conio delle parole come “antipolitica”, quando si era pensato di poter screditare i 5 stelle, che poi hanno perso l’appellativo non appena raggiunto il potere, “i responsabili”, che sono quelli attaccati alle poltrone, ma sono quelli che nel momento opportuno sorreggono il potere o “i negazionisti”, per screditare le opinioni degli altri e per evitare di farli partecipare al dibattito.

Dopo la creazione dello slogan, lo ripetono fino alla nausea, passando poi la palla ai sondaggisti.

Forse è il caso che qualcuno salvi i giornalisti da se stessi e li liberi da questa prigione, dove si sono cacciati, obbligati da un sistema mediatico che è lievitato tanto da sconfinare e intersecarsi se non addirittura ad unirsi a quelli che sarebbero stati inizialmente i loro obiettivi del controllo dei veri giornalisti.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare