Le senatrici del Partito Democratico, Susanna Camusso e Simona Malpezzi, hanno lanciato un allarme in Senato riguardo a un potenziale taglio da parte del Governo dei fondi per gli asili nido nel Sud Italia.


La questione solleva interrogativi importanti sul futuro dei servizi educativi nel Paese e sulla volontà del governo di garantire un accesso equo e adeguato per tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro provenienza geografica.

Le richieste di chiarimenti e le promesse di battaglia politica indicano che il dibattito è destinato a proseguire, in un momento molto delicato per il welfare nel Mezzogiorno.

Il Governo riduce i fondi per gli asili nido al Sud: la denuncia in Senato delle senatrici del PD

Secondo quanto riportato in un allegato al piano strutturale di bilancio la percentuale di posti disponibili per gli asili nido, riportata in una nota del Partito Democratico, scenderebbe dal 33% al 15% a livello regionale. Questa decisione contrasta con le disposizioni della legge di bilancio 2022, che mirava a garantire una maggiore equità nell’accesso ai servizi educativi, in particolare nelle aree più svantaggiate del Paese.

Camusso e Malpezzi hanno definito questa scelta del governo Meloni come “gravissima“, sostenendo che dimostra un disinteresse verso la promozione di servizi educativi e il sostegno al welfare familiare nelle zone più fragili. La denuncia è stata accolta anche da Irene Manzi e Marco Sarracino, esponenti del PD, che hanno chiesto chiarezza al governo. “È inaccettabile che il risparmio di spesa, imposto dalle misure di contenimento della spesa pubblica, ricada su scuola e welfare“, hanno dichiarato, promettendo battaglia in Parlamento.

Sandro Ruotolo, membro della segreteria nazionale del Partito Democratico, ha espresso ulteriori preoccupazioni, accusando il governo di favorire i ricchi a scapito del Sud. “Dove sono finiti i soldi del PNRR? Sono stati spesi per cosa?“, ha chiesto, evidenziando come questa nuova decisione continui a penalizzare il Mezzogiorno d’Italia.

Infine anche Peppe De Cristofaro, capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra, ha rincarato la dose, denunciando il governo Meloni per aver inserito in modo subdolo un limite del 15% nei documenti ufficiali. Ha richiamato l’attenzione sull’inadeguatezza dei servizi nel Sud, dove alcune città, come Catania, dispongono di appena l’8% di posti disponibili, mentre in altre regioni il dato si attesta tra il 40% e il 50%. “I diritti, specialmente quelli dei bambini, devono essere universali“, ha affermato, promettendo che il suo gruppo non rimarrà in silenzio di fronte a questa ingiustizia.

Dati allarmanti sulle disponibilità nel Sud

I dati di Openpolis evidenziano che le principali regioni del Mezzogiorno, nonostante alcuni miglioramenti negli ultimi anni, continuano a trovarsi agli ultimi posti della classifica per l’offerta di posti negli asili nido. La Calabria registra solo 15,7 posti ogni 100 bambini, mentre la Sicilia e la Campania si attestano rispettivamente al 13,9% e al 13,2%. La Puglia ha superato la soglia psicologica del 20%, mentre Basilicata, Molise e Abruzzo si collocano tra il 20% e il 30%. In controtendenza, la Sardegna, con 35,2 posti ogni 100 bambini nel 2022, si posiziona in linea con le regioni del Centro-Nord.

L’analisi mette in luce due fratture significative nel Paese. La prima è quella che separa il Centro-Nord dal Mezzogiorno; la seconda riguarda le disparità tra le città maggiori e le aree interne. Infatti, nei comuni polo, che offrono una maggiore disponibilità di servizi, si registra in media un accesso superiore alla soglia obiettivo fissata a livello europeo, con 37 posti ogni 100 bambini. Tuttavia, nei comuni di cintura, la situazione si deteriora, con un rapporto che scende al 27%. Nelle aree interne, le disponibilità calano ulteriormente a 23 posti ogni 100 minori.

In dettaglio, nei comuni intermedi, che distano tra i 27 e i 40 minuti dai poli, l’offerta si attesta sul 24%, mentre nei comuni periferici (tra 41 e 67 minuti) scende al 22,5%. Infine, nei territori ultraperiferici, a oltre 67 minuti dal polo più vicino, il dato crolla sotto i 18 posti ogni 100 bambini.

Attualmente, tra i capoluoghi italiani, 32 presentano un livello di offerta di nidi e servizi per la prima infanzia che supera la nuova soglia del 45% fissata in sede europea. Di questi, 29 si trovano nel Centro-Nord, con le tre eccezioni concentrate in Sardegna.

Al contrario, nove comuni del Mezzogiorno non raggiungono i 15 posti ogni 100 bambini, tra cui Caserta (14,9%), Palermo (12,8%), Isernia (12,4%), Andria (11,2%), Ragusa (10,7%), Messina (10,3%), Barletta (8,3%), Catania (8%) e Campobasso (7%).