esteroL’economia non decolla e non si arresta il flusso di connazionali che espatria: solo nel 2015 sono stati 107.529. Rispetto al 2014 a iscriversi all’Anagrafe dei residenti all’estero (Aire) sono state 6.232 persone in più, per un incremento del 6,2%. Hanno fatto le valige soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%); la meta preferita è stata la Germania (16.568); mentre cresce l’emigrazione da Lombardia (20.088) e Veneto (10.374).

 

Lo rileva il rapporto “Italiani nel mondo 2016” presentato oggi a Roma dalla Fondazione Migrantes.

 

Dal 2006 al 2016 la mobilità italiana è aumentata del 54,9% passando da poco più di 3 milioni a oltre 4,8 milioni di iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero. Un incremento che, in valore assoluto, ha riguardato tutti i continenti e tutti gli Stati, soprattutto quelli che accolgono le comunità più numerose di italiani come Argentina, Germania e Svizzera. Tuttavia le variazioni più significative degli ultimi 11 anni hanno riguardato la Spagna (+155,2%) e il Brasile (+151,2%). A oggi oltre la metà dei cittadini all’estero (53,8%) risiede in Europa (oltre 2,5 milioni), mentre il 40,6% in America. Il 50,8% è originario del Sud Italia. Le donne sono il 48,1%.

 

L’analisi per classi di età mostra infatti che la fascia 18-34 anni è la più rappresentata seguita dai 35-49 anni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di 65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni). I maschi espatriati sono oltre 60 mila (56,1%), i celibi e le nubili il 60,2%.

 

Per il Capo di Stato «la mobilità dei giovani italiani verso altri Paesi dell’Europa e del mondo è una grande opportunità, che dobbiamo favorire, e anzi rendere sempre più proficua. Che le porte siano aperte è condizione di sviluppo, di cooperazione, di pace, di giustizia. Dobbiamo fare in modo che ci sia equilibrio e circolarità. I nostri giovani devono poter andare liberamente all’estero, così come devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo desiderano, e riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate».