Il fisco non ama le Pmi, soprattutto se start-up. Non è un problema solo italiano: nei 37 paesi più evoluti dal punto di vista economico, solo 14 prevedono per le pmi una corporate tax più bassa di quella ordinaria.
La tassazione agevolata vale in media 9 punti percentuali in meno sull’aliquota piena, ma vi sono casi come Sudafrica, Francia o Stati Uniti dove il beneficio può arrivare anche a 20 punti. A rilevarlo è l’Ocse, che ha pubblicato ieri il volume «Taxation of SMEs in Oecd and G-20 countries».
Le pmi «rappresentano più del 95% dell’intero tessuto produttivo nella maggior parte dei paesi considerati, abbracciando tutta la gamma di industrie e settori e fornendo un contributo decisivo al pil e all’occupazione», osserva il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, «il sistema fiscale gioca un doppio ruolo: da un lato è uno strumento che le aiuta, ma dall’altro rappresenta un ostacolo». I regimi più favorevoli si registrano in Corea e Olanda: a fronte di tax rate ordinari pari rispettivamente al 24,2% e al 25%, per le pmi i prelievi sugli utili scendono all’11% e al 20%, purché il reddito imponibile non superi i 143 e 200 mila euro.
Negli Usa le agevolazioni fiscali si attenuano all’aumentare dei profitti: mentre le pmi che realizzano fino a 38 mila euro annui di utili pagano il 20% (contro il 39,1% ordinario), sopra i 75 mila euro si ritorna pressoché all’aliquota piena, che viene addirittura superata per i profitti superiori ai 13,8 milioni (42%).
Un altro gruppo di stati prevede aliquote ridotte al di sotto di una certa soglia di utili (Belgio e Lussemburgo).