Il comma 74 dell’articolo 1 della legge 296/2006 (Finanziaria 2007), modificando l’articolo 73 del Tuir, ha incluso il trust tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società. In tal modo, il legislatore ha espressamente riconosciuto al trust un’autonoma soggettività tributaria. Con la circolare 48/2007, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, ai fini Ires, la residenza del trust deve essere determinata applicando i criteri generali indicati dall’articolo 73 del Tuir, pur con taluni adattamenti resi necessari dalla particolare natura dell’istituto.
In particolare, ai sensi del comma 3 dell’articolo in commento, un soggetto Ires si considera residente nel territorio dello Stato al verificarsi, per la maggior parte del periodo di imposta, di almeno una delle seguenti condizioni:
- sede legale nel territorio dello Stato
- sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato
- oggetto principale dell’attività svolta nel territorio dello Stato.
Considerate le caratteristiche tipiche del trust, è da escludere la possibilità di ricorrere al criterio della sede legale e, quindi, di norma i criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale. Il primo criterio risulta utile con riferimento ai trust che, per il perseguimento dello scopo in vista del quale sono stati istituiti, si avvalgono di un’apposita struttura organizzativa (ad esempio, dipendenti, locali). In mancanza, la sede dell’amministrazione tenderà a coincidere con il domicilio fiscale deltrustee. Il criterio dell’oggetto principale, invece, è strettamente legato alla tipologia di trust. In particolare, nelle ipotesi in cui l’oggetto del trust sia costituito interamente da beni immobili situati in Italia, la determinazione della residenza è agevole. Qualora, invece, i beni immobili oggetto del trust siano localizzati in Stati diversi, occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Infine, nei casi di patrimoni mobiliari o misti, l’oggetto del trust deve essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata.
Un trust, inoltre, può realizzare il presupposto impositivo in più Stati nel caso in cui, ad esempio, i beni che ne formano l’oggetto siano situati in uno Stato diverso da quello di residenza del trustee e da quello di residenza del disponente e dei beneficiari. Ne consegue che il trust può dar luogo a problematiche di tassazione transfrontaliera con eventuali fenomeni di doppia imposizione. In tali ipotesi, per individuarne la residenza, si potrà fare riferimento alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni, che, come noto, si applicano alle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti che, in qualità di soggetti passivi d’imposta, subiscono una doppia imposizione internazionale. Si ricordi che, ai fini convenzionali, il trust, in quanto soggetto passivo Ires, deve essere considerato “persona diversa da una persona fisica”, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del modello Ocse, anche se non espressamente menzionato nelle singole convenzioni (l’unica convenzione che contiene un espresso riferimento al trust è quella stipulata dall’Italia con gli Stati Uniti d’America).
L’articolo 73, comma 3, del Tuir, come modificato dalla legge finanziaria 2007, detta altresì disposizioni che mirano a contrastare possibili fenomeni di fittizia localizzazione dei trust all’estero, con finalità elusive. Pertanto, ai criteri generali di collegamento con il territorio, se ne aggiungono altri specificamente previsti per il trust e aventi funzione anti-elusiva. A tal riguardo, il comma 3 introduce due casi di attrazione della residenza del trust in Italia:
- si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni, quando almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato
- si considerano residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni quando, successivamente alla costituzione, un soggetto residente trasferisca a favore del trust la proprietà di un bene immobile o di diritti reali immobiliari ovvero costituisca a favore del trust dei vincoli di destinazione sugli stessi beni e diritti.
Con riferimento agli “istituti aventi analogo contenuto” al trust, l’Agenzia delle Entrate, nella già ricordata circolare 48/2007, ha precisato che, attraverso l’uso della predetta locuzione, “si è voluto tenere conto della possibilità che ordinamenti stranieri disciplinino istituti analoghi al trust ma assegnino loro un “nomen iuris” diverso. Per individuare quali siano gli istituti aventi contenuto analogo si deve fare riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti dell’istituto del trust”.
Quanto alla necessità di stabilire in quale momento la residenza fiscale di un disponente e di un beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust, l’Agenzia ha chiarito che “non sembra necessario che la residenza italiana del disponente e del beneficiario sia verificata nello stesso periodo d’imposta. Infatti la residenza del disponente, in considerazione della natura istantanea dell’atto di disposizione, rileva nel periodo d’imposta in cui questi ha effettuato l’atto di disposizione a favore del trust. Eventuali cambiamenti di residenza del disponente in periodi d’imposta diversi sono irrilevanti”. Inoltre, “per la parte riguardante il beneficiario, la norma è applicabile ai trust con beneficiari individuati. La residenza fiscale del beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale deltrust anche se questa si verifica in un periodo d’imposta successivo a quello in cui il disponente ha posto in essere il suo atto di disposizione a favore del trust. Ai fini dell’attrazione della residenza in Italia è, infine, irrilevante l’avvenuta erogazione del reddito a favore del beneficiario nel periodo d’imposta”.
Le disposizioni appena illustrate hanno il chiaro scopo di evitare il realizzarsi di disegni elusivi perseguiti attraverso la collocazione fittizia di trust “interni” in Stati che non consentano lo scambio di informazioni. A tal proposito, “ai fini dell’attrazione della residenza, rileva il fatto che un trust, caratterizzato da elementi collegati con il territorio italiano (un disponente e un beneficiario residente o immobili siti in Italia e conferiti da un soggetto italiano) sia istituito ossia abbia formalmente fissato la residenza in un paese non incluso nella white list”.
Per effetto dell’operatività della presunzione di residenza fiscale in Italia, tutti i redditi del trust, ovunque prodotti, sono imponibili in Italia secondo il principio del world wide income (laddove, per itrust non residenti, l’imponibilità in Italia riguarda solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 23 Tuir). In entrambi i casi, tuttavia, si tratta di una presunzione relativa di residenza: il contribuente, cioè, ha in ogni caso la possibilità di dimostrare l’effettiva residenza fiscale del trust all’estero.