La condizione è rilevante per la corretta imputazione del reddito sia in relazione alle quote messe da parte dall’azienda erogante sia per l’amministratore che le riceve
In tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, la deducibilità degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto degli amministratori sociali richiede che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.
Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza 18752 del 5 settembre 2014.
I fatti di causa
Con avvisi di accertamento relativi agli anni 2000, 2001 e 2002, l’ufficio ha recuperato a tassazione, tra le altre, le somme accantonate da una società a responsabilità limitata per il trattamento di fine mandato (Tfm) dell’amministratore.
Sul punto, mentre i giudici di primo grado hanno respinto il ricorso della contribuente ritenendo che l’accantonamento non era stato documentato in modo idoneo, la Commissione tributaria regionale delle Marche ha ritenuto che lo stesso accantonamento era deducibile annualmente da parte della società, non sussistendo una disposizione fiscale che lo escludeva espressamente.
A parere dei giudici del gravame, inoltre, l’indennità di fine mandato poteva essere tassata in modo ordinario nell’anno di percezione oppure poteva beneficiare della tassazione separata (articolo 16, comma 1, lettera c), del Tuir, ora articolo 17). Di conseguenza, siccome il diritto all’indennità poteva sorgere in qualsiasi momento della vita societaria, la presenza o la mancanza di un atto di data certa anteriore alla nomina dell’amministratore aveva effetto solo sulla diversa tassazione da applicare all’atto di cessazione della carica, senza alcun limite alla possibilità di dedurre le quote annualmente stanziate per l’accantonamento di detta indennità. Ciò in quanto l’articolo 70, comma 3, del Tuir (ora articolo 105), si limitava solo a individuare una determinata tipologia reddituale, e cioè quella prevista dell’articolo 16, comma 1, lettera c), dello stesso Testo unico.
Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate che, con ricorso in Cassazione, ha lamentato violazione e falsa applicazione degli articoli 70 (nel testo antecedente al Dlgs 344/2003) e 16 del Tuir, in quanto la Commissione regionale aveva ritenuto illegittimo il disconoscimento della deduzione operata dall’ufficio, nonostante l’incontestata mancanza del documento, avente data certa anteriore all’inizio del rapporto amministratore/società e attestante l’esistenza del diritto all’indennità di fine rapporto dell’amministratore.
La Corte ha accolto il ricorso e, richiamando il principio affermato in relazione a una vicenda nella quale si dibatteva della deducibilità ai fini Irpef e Irap, quali componenti negativi di reddito, degli accantonamenti effettuati dalla società in favore dei propri amministratori al fine del trattamento di fine mandato, ha chiarito che “il rinvio che l’art. 70, comma 3 T.U.I.R. nel testo vigente prima del D.Lgs. n. 344 del 2003, opera all’art. 16, comma 1, lett. c) T.U.I.R., è un rinvio pieno, nel senso che ai fini della deducibilità dei relativi accantonamenti si richiede che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”.
Osservazioni
La Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul tipo di rinvio dell’articolo 70 all’articolo 16 del Tuir (vigenti all’epoca dei fatti) e, cioè, se tale rimando si limitava soltanto a individuare la tipologia di indennità alla quale sono riferiti gli accantonamenti deducibili (“indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma secondo dell’art. 49…”, ora articolo 50, comma 1, lettera c-bis, che individua i redditi di lavoro autonomo, tra i quali rientra quello di amministratore sociale) oppure estendeva la previsione dell’onere formale della data certa dell’atto da cui risultava il diritto all’indennità, sia quale condizione per l’assoggettamento alla tassazione separata in capo al percettore (l’amministratore) sia quale presupposto inderogabile per legittimare la deducibilità da parte del soggetto erogante (l’impresa).
La problematica dell’indennità di fine mandato spettante agli amministratori ha rilievo, infatti, sia con riferimento alle quote accantonate dalla società sia in relazione alle somme percepite dagli amministratori alla scadenza del mandato.
Nella fattispecie sottoposta al suo vaglio, la Corte ha ritenuto che l’articolo 70 opera un rinvio “pieno” e cioè non solo ai fini dell’identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l’indennità (sarebbe stato sufficiente richiamare l’articolo 49), ma anche all’ulteriore condizione dell’atto di data certa anteriore (Cassazione, sentenza 10959/2007).
Atto che va individuato nel contratto con il quale la società ha conferito il mandato all’amministratore (di solito, la delibera dell’assemblea ordinaria dei soci) e che deve avere data certa anteriore all’assunzione dell’incarico. Circostanze che il contribuente deve poter provare in modo idoneo (circolare 10/E del 2007: ad esempio, formazione di un atto pubblico; apposizione di autentica, deposito del documento o vidimazione di un verbale, in conformità alla legge notarile; registrazione o produzione a norma di legge presso un ufficio pubblico; invio del documento a un organismo di controllo esterno, eccetera). E tale prova è di non poco rilievo.
Il trattamento fiscale delle indennità di fine mandato, secondo i giudici di piazza Cavour, dipende proprio dal rispetto di tale condizione. Se ciò si verifica, tali indennità sono soggette a tassazione separata – e non vengono sommate agli altri redditi conseguiti dall’amministratore (articolo 18 del Tuir) – e le quote annualmente messe da parte dalla società, maturate nell’esercizio, sono deducibili dal reddito d’impresa.
Se, invece, mancano le condizioni previste dalla norma, l’amministratore non potrà richiedere la tassazione separata e la società non potrà dedurre gli accantonamenti effettuati per competenza economica ma per cassa, nell’esercizio del loro effettivo pagamento.
La decisione della Corte trova giustificazione nel dato letterale delle norme, in quanto il rinvio dell’articolo 70, comma 3, del Tuir 1986, è agli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 16, lettera c|), e non alla specificazione di una sua parte e, inoltre, risulta in linea con l’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria (risoluzioni 890/1992 e 211/2008).
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate
AUTORE: Romina Morrone