L’eterno dilemma, sociologicamente molto italiano, dei figli eternamente figli e di quale sia età e gli elementi distintivi del passaggio alla vita adulta, assume anche dei contorni ‘legali’ se si parla di mantenimento, sostegno economico, assegni.  


Per la legge, nello specifico secondo quanto definito dal D.L. n. 4/2019, il figlio maggiorenne rientra nel nucleo familiare ai fini della tassazione e degli sgravi fiscali eventuali, se vive sotto lo stesso tetto dei genitori, mentre in caso contrario, se abita in una casa autonoma, risulta a loro carico ai fini Irpef se non ha, a sua volta altri figli, né si è sposato.

Oltre questi casi, i requisiti stabiliscono che il figlio appartenente al nucleo familiare originario, pur non convivendo con la famiglia di origine se il suo reddito non supera € 2.840,51 annui ed ha una età inferiore ai 24 anni; il suo reddito non supera € 4.000 annui ed il giovane ha meno di 24 anni.

Secondo quanto stabilisce il D.L. n. 4/2019, il figlio maggiorenne che non convive con i genitori rientra ugualmente nel nucleo se: possiede una determinata età, risulta a loro carico ai fini Irpef e non ha né figli né contratto un matrimonio.

A partire poi dai 26 anni, secondo quanto previsto all’art. 3, comma 5, del D.P.C.M. 159/2013, non risulta più rilevante il suo essere fiscalmente a carico dei genitori e comunque il fatto di essere a carico Irpef dei genitori, non determina l’assegnazione al nucleo familiare.

Se il figlio è frutto di un matrimonio non più in essere si tratta, poi, di questioni legate all’assegno di mantenimento.

L’obbligo di mantenimento per i figli non è per sempre: parola della Cassazione

Di recente, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di mantenimento per i figli maggiorenni non è per sempre, e soprattutto non è indipendente dalle scelte di vita che questo figlio opera, non può dunque protrarsi all’infinito, superando ogni limite.

L’ordinanza n. 2259/2024 della Corte di Cassazione ha aggiunto degli elementi a questo quadro, al fine di fare ulteriore chiarezza sulle vicende. Chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di un giovane, 30 anni compiuti, ancora senza lavoro, la Corte ha stabilito la fine del sostegno economico, anche se il giovane aveva svolto stage o tirocini, senza riuscire a trovare un’occupazione stabile.

Le motivazioni sono state riprese anche dalla più recente ordinanza numero 24731 del 16 settembre 2024 che ha ribadito come l’obbligo di mantenimento possa essere interrotto di fronte ad un rifiuto di lavorare da parte dei figli.

Attenzione però, la scelta di interrompere il mantenimento non può essere autonomamente assunta dal genitore, da un giorno all’atro, con la fine del versamento dell’assegno, solo un giudice infatti ha il potere di revocare l’obbligo di mantenimento e ciò può avvenire solo a seguito di una richiesta formale da parte del genitore.

È importante ricordare che fino alla maggiore età, o in caso di disabilità grave, il figlio ha sempre diritto al mantenimento.

Le conclusioni dei giudici

Come sottolineato dalla Cassazione, la scelta di un trent’enne di svolgere un tirocinio poco o per nulla retribuito senza alcuna futura garanzia di stabilità, non giustifica l’obbligo per il genitore ad un mantenimento a lungo termine, così come anche ad una età più giovane, dopo aver compiuto il 18 anno, uno scarso rendimento negli studi così  come il mancato superamento di esami o il loro svolgimento con tempi molto dilatati, la mancata prova di impegno nella ricerca di un’occupazione, il non iscriversi al centro per l’impiego o non inviare il curriculum alle aziende con richieste attive, possono essere tutte motivazioni valide per far decretare al Giudice la sospensione dell’assegno di mantenimento.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.


Fonte: articolo di Rossella Angius