Jobs Act e donne: quello che manca nelle nuove disposizioni volute dal Governo Renzi

All’indomani dell’approvazione del Jobs Act, una critica si impone sulle misure relative al congedo parentale: avremmo voluto, come da anni chiediamo, che per il congedo parzialmente retribuito al 30%  fosse previsto un incremento: questo avrebbe significato molto  in termini economici per le famiglie e avrebbe realizzato una diversa integrazione  della cultura  della condivisione e della conciliazione vita-lavoro nella vita sociale del nostro Paese.

Altro segnale avrebbe potuto essere un aumento dei congedi retribuiti di paternità (un solo giorno di congedo retribuito è ben poca cosa). Ci saremmo attese, inoltre, una maggiore  attenzione all’occupazione femminile  con la definizione – finalmente  e in termini positivi – della ormai annosa questione delle dimissioni in bianco. Di questo nel Jobs Act non c’è traccia.

Tuttavia, emergono alcune positività nel decreto a tutela delle maternità e della genitorialità e in materia di congedi per le donne vittime di violenza. A nostro avviso, la gamma di flessibilità che arricchisce la normativa vigente – oltre a mantenere saldo  il principio di favorire il “rapporto madre-figlio”, senza rinunciare alla tutela della loro salute, con una più vasta estensione (anche temporale) del congedo parentale e di paternità – tende a sostenere la genitorialità  ed  è in linea con quanto sostenuto e auspicato dalle donne del sindacato. Così come l’attenzione data nel dettato legislativo alle vittime di violenza di genere. Per la prima volta, le donne vittime di violenza avranno diritto a congedi ad hoc e dovranno essere inserite in percorsi di protezione debitamente certificati, prevedendo  la possibilità per le lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Anche le collaboratrici a progetto avranno  diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per analoghi motivi sempre per un massimo di tre mesi.

 

 

 

FONTE: UIL – Unione Italiana del Lavoro

AUTORE: Maria Pia Mannino

 

 

 

 

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