fatturazione-28-giorni-consiglio-di-statoFatturazione a 28 giorni: il Consiglio di Stato rinvia ancora i rimborsi agli utenti, costretti ad aspettare fine maggio.


Sulla annosa vicenda della fatturazione a 28 giorni illegittimamente applicata dalle compagnie telefoniche si è consumata l’ennesima ingiustizia ai danni degli utenti. Il Consiglio di Stato aveva già congelato i rimborsi a dicembre 2018 in attesa delle motivazioni della sentenza del Tar del Lazio (che ha peraltro confermato il diritto dei consumatori ai risarcimenti) e avrebbe dovuto esprimersi sulle modalità di restituzione entro il 31 marzo prossimo ma ha rinviato di nuovo, per la terza volta, il pronunciamento a fine maggio, in attesa delle motivazioni del TAR del Lazio.

Una decisione incomprensibile, che pregiudica il diritto degli utenti ad ottenere un rimborso per una condotta illecita adottata dai gestori di telefonia. Per l’ennesima volta si prolungano, senza alcun senso, i tempi già troppo lunghi per la restituzione di quanto pagato sulla base di una modalità di fatturazione illegittima.

Un atteggiamento inspiegabile ed un’inutile complicazione, soprattutto se si considera che l’AGCOM ha già deliberato definendo le modalità per la restituzione.

Siamo assolutamente sbigottiti a fronte di una situazione che ha ormai assunto tinte quasi grottesche, anche perché l’irragionevole lentezza della procedura potrebbe spingere molti utenti a stancarsi e desistere, rinunciando poi a inoltrare la richiesta di rimborso, a tutto vantaggio delle compagnie.

In questo ambito la normativa a tutela degli utenti esiste ma, il problema sta nella modalità di applicazione: la vicenda è rimasta avviluppata nelle contorte spire della burocrazia e i diritti dei consumatori, che dovrebbero costituire una priorità, sono invece stati relegati in un angolo.

Sembra che si privilegino, invece, gli interessi e le esigenze delle compagnie telefoniche, che già troppo hanno guadagnato a discapito degli utenti e delle buone prassi di mercato.

Tutto questo crea sfiducia sia verso il sistema “giudiziario” italiano, che prolunga i tempi di decisione pur in presenza di un giudizio di merito che ha già definito il contenzioso, sia verso le aziende di telefonia che invece di restituire quanto i loro utenti hanno pagato in più, fanno di tutto per evitarlo.