etf-fondiQuando parliamo di ETF – o Exchange-traded funds in inglese – ci riferiamo a particolari tipi di fondi di investimento nati negli Stati Uniti negli anni Novanta del secolo scorso con l’intento di replicare l’andamento dei prezzi di un particolare benchmark (o “sottostante di riferimento”, in Italiano), quale ad esempio un indice azionario o una materia prima.

Nell’ottica di inserire un certo grado di diversificazione nel proprio portafoglio a basso costo, compensando il rischio a cui è soggetta ogni scelta di investimento, ogni risparmiatore si può trovare a dover scegliere tra una miriade di ETF sul mercato. Data l’elevata offerta, effettuare una scelta precisa su un numero limitato di ETF può essere un’operazione complessa, esistono una serie di parametri – selezionati dagli esperti di Abile Trader – da prendere in considerazione in fase di analisi.

Indicatori di liquidità del fondo

Data la crescita esponenziale nel numero di ETF presenti sul mercato, il rischio che un fondo – in particolare se di recente costituzione – non possieda la liquidità minima per sopravvivere ad eventuali perdite negli investimenti è uno dei fattori principali che ogni investitore dovrebbe tenere bene a mente prima di mettere a rischio il proprio denaro.

A livello generale, troviamo due indicatori fondamentali di liquidità validi per gli ETF:

–        Livello complessivo degli asset: la regolamentazione statunitense ed europea include, tra i requisiti fondamentali per consentire ad un ETF di operare sul mercato, la pubblicazione periodica di una relazione che, tra le altre cose, indichi l’esatto ammontare di asset in capo al fondo. Tale valore (e la sua variazione nel tempo) è da considerarsi come un indicatore diretto della liquidità di un ETF

–        Livello di attività di trading: un indicatore indiretto di liquidità di un fondo è dato, senza dubbio, dall’attività di trading di un ETF. Tale attività, di norma misurata in numero di contratti scambiati giornalmente (facilmente convertibile, conoscendo i sottostanti del fondo, in un valore monetario), è di norma considerato un indicatore di salute di un fondo di investimento. Inoltre, il monitoraggio dell’attività di trading giornaliera di un ETF può dare segnali di problemi di liquidità ben prima che venga pubblicata una relazione ufficiale del fondo riportante il livello di asset in gestione

Trascurare il rischio di liquidità di un ETF può dare luogo ad un effetto a catena molto pericoloso: supponiamo che un determinato fondo detenga asset ad elevato rischio, quali prodotti derivati che richiedono un impegno di denaro minore rispetto a quanto effettivamente investito (cfr. concetto di leva finanziaria).

Una perdita non troppo rilevante del valore dell’investimento può causare ingenti perdite ad un ETF che, al fine di aprire nuove posizioni di copertura, può essere costretto a chiudere molti investimenti in perdita per avere liquidità da riposizionare sul mercato su investimenti più sicuri. Un calo rilevante di liquidità e di rendimento può essere visto dai diversi investitori che partecipano al fondo come un segnale di pericolo, portando ad una vera e propria fuga di capitali dall’ETF.

Come facilmente intuibile, un’impennata nel ritiro delle quote di partecipazione al fondo causa, in primis, una nuova stretta di liquidità per l’ETF in questione, creando di fatto un vero e proprio circolo vizioso che, salvo eventi di mercato straordinari o interventi di soggetti esterni al fondo (quali, nei casi più gravi, gli Stati sovrani), può facilmente minacciare l’esistenza stessa dell’ETF.

Il grado di diversificazione dell’investimento

La vecchia regola anglosassone che consiglia di non mettere tutte le uova all’interno di un unico paniere rimane un’indicazione valida da seguire per ridurre il rischio di mercato: è sempre importante capire quale sia il prodotto sottostante di ogni ETF. 

Un investitore interessato al tema dovrebbe dunque essere conscio del fatto che allocare il proprio capitale in un ETF che replica un indice azionario (quale ad esempio l’S&P 500 statunitense o il FTSE 100 britannico) comporta in genere un rischio di mercato ben minore rispetto a quello incluso in un investimento verso un ETF esposto su una materia prima (es. oro o petrolio).

Questo non significa che investire in ETF che, per propria natura, propongono strategie meno diversificate di altri sia una cattiva idea, semplicemente è necessario prendere in considerazione la possibilità di avere, in determinate condizioni di mercato, una volatilità maggiore rispetto a quella che si registrerebbe in un investimento più diversificato.

Lo scostamento del fondo dal sottostante

Occorre poi introdurre un concetto molto importante che ogni investitore deve sempre tenere a mente nella ricerca di ETF interessanti: questi fondi non garantiscono mai di replicare perfettamente l’andamento del proprio sottostante, ma promettono semplicemente di fare del proprio meglio per raggiungere questo obiettivo.

Consideriamo l’ipotetico ETF Gamma, con asset pari a 500 milioni di dollari, che si pone come obiettivo quello di replicare l’andamento dell’indice azionario Nasdaq. La quotazione di questo indice, come noto, non è una mera media aritmetica tra i prezzi dei titoli azionari che lo compongono, ma una media ponderata legata alla capitalizzazione delle diverse aziende quotate iscritte al listino (se l’azienda A ha una capitalizzazione pari a $ 10 miliardi e l’azienda B quota invece $ 1 miliardo, l’influenza che A avrà sull’andamento del Nasdaq sarà 10 volte più rilevante di quella dell’azienda B).

Dal momento che le quotazioni sul mercato cambiano continuamente, l’ETF Gamma dovrebbe teoricamente variare, in maniera egualmente continua, la composizione del proprio portafoglio di investimento. Dal momento che la rinegoziazione continua sul mercato comporterebbe costi di gestione non indifferenti, l’ETF Gamma potrebbe decidere di modificare il proprio portafoglio periodicamente (ad es. una volta al mese), introducendo dunque una certa disparità tra i propri rendimenti e quelli del sottostante di riferimento.

Tale disparità è nota con il nome Tracking Error (o “errore di tracciamento” in italiano), ed è senza dubbio un fattore da monitorare nel momento in cui un investitore seleziona un determinato ETF.

La rischiosità di scegliere un fondo sulla base dei guadagni passati

Infine, è importante evitare di cadere nella trappola dei guadagni passati: se un ETF ha avuto importanti rendimenti nel passato non è possibile dedurre che, anche nel periodo futuro, tale comportamento sarà automaticamente replicato. Come sopra illustrato, vi sono una serie di parametri da prendere in considerazione per selezionare il migliore ETF, basarsi interamente sui guadagni passati senza valutare la strategia attuale e gli scenari futuri può dare luogo ad errori di valutazione importanti, come già avvenuto innumerevoli volte nel passato. 

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it