Il Governo vuol dire addio per sempre a Equitalia: una rivoluzione nelle Agenzie Fiscali che potrebbe partire già dall’anno prossimo. A chi sarà affidata la riscossione esattoriale delle imposte? Chi avvierà i pignoramenti, i fermi auto e le ipoteche? Che ne sarà delle procedure esecutive in corso e dei debiti ancora non riscossi? Il passaggio di consegne con il nuovo soggetto comporterà quegli inevitabili ritardi che porteranno alla prescrizione di gran parte dell’evasione fiscale? È ancora troppo presto per parlare, ma certo l’addio a Equitalia era già stato programmato diversi anni fa almeno per quanto riguarda la riscossione delle imposte locali, previsione però annualmente rinviata con gli immancabili decreti “Milleproroghe”.
Questo dell’addio ad Equitalia, inoltre, è il contenuto della proposta di legge che a breve sarà presentata alla Camera dei deputati dai parlamentari di Fratelli d’Italia. A tal fine, nei giorni scorsi, sono stati organizzati sit-in in 30 città italiane per la raccolta firme nell’ambito della manifestazione nazionale “Basta Equitalia Day” davanti alle sedi della società di riscossione. L’ultimo a Pescara, il 9 maggio scorso, “ha riscosso un discreto successo di cittadini, venuti a firmare la nostra petizione” ha dichiarato il coordinatore provinciale Fdl Armando Foschi.
Il punto è come farlo? “Stiamo discutendo come – ha infatti chiarito Renzi – se attraverso le aliquote IRPEF o un sistema fiscale diverso”. I maggiori canali di copertura finanziaria potrebbero derivare da una nuova sanatoria per i capitali portati all’estero, la cosiddetta voluntary disclousure, oltre che dall’aumento dell’IVA. “Un modello del tutto diverso” rispetto a quello attuale: un “sistema sempre più a disposizione del cittadino e non vessatorio verso il cittadino”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio. Alla nuova impostazione pare che siano già al lavoro il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, la direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi e il responsabile di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini.
Le risorse che il Governo, in tutto questo, deve trovare per la prossima manovra oscillano tra i 12 e i 15 miliardi ma senza un intervento diretto sull’Irpef, che farebbe salire la dote necessaria a 16-18 miliardi. Queste risorse si andrebbero ad aggiungere a quelle relative all’utilizzo del deficit indicato nel Def e ora autorizzato da Bruxelles (1,8% contro l’1,4% “tendenziale” con uno “scarto” di circa 6,5 miliardi che diventano 11 rispetto all’obiettivo dell’1,1% indicato lo scorso autunno). Il tutto servirebbe per realizzare con la prossima manovra tre obiettivi: disinnescare le clausole di salvaguardia fiscali, Iva in primis, da oltre 15 miliardi; non alzare ulteriormente il livello del deficit per il 2017 concordato con la Ue; mantenere alcuni degli impegni presi: dal fisco più leggero per il ceto medio alla flessibilità in uscita per le pensioni (circa 1 miliardo) fino alle misure di sostegno alle famiglie numerose (3-400 milioni) e alla proroga ancora per un anno della decontribuzione per i neo-assunti, seppure in forma ridotta.
Tra le ipotesi circolate dopo le parole pronunciate mercoledì dal Presidente del Consiglio, c’è quella di una maggiore integrazione tra l’agente della riscossione e l’agenzia delle Entrate. In pratica, il modello adottato dai principali Paesi europei dalla Francia al Regno Unito, dove chi effettua controlli e accertamenti è lo stesso soggetto che poi si incarica di recuperare le somme evase. In Italia, invece, la scelta è stata quella di separare le due funzioni in un modello che ha visto i vecchi esattori rappresentati per lo più da aziende o rami d’aziende del mondo bancario cedere poi il posto a un soggetto unico a intero controllo pubblico (51% agenzia delle Entrate, 49% Inps) a metà degli anni Duemila
Al momento si lavora su diverse ipotesi, ma quella più accreditata sembra essere la via seguita da tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea, tra cui la Francia: una integrazione tra l’Agente della Riscossione e l’Agenzia delle Entrate. In pratica, lo stesso soggetto che effettuerà i controlli e gli accertamenti sarà anche colui che poi dovrà andare a recuperare le somme evase, procedendo – nelle ipotesi più ostinate – all’esecuzione forzata. In Italia, invece, tali soggetti sono sempre stati diversi e l’Agente per la riscossione è stato sempre una società di diritto privato, ma partecipata dagli enti pubblici (51% agenzia delle Entrate, 49% Inps).
La fusione di Equitalia con l’Agenzia delle Entrate presenta però diverse incognite. La prima è quella della sorte dei dipendenti e dei contratti di lavoro, il che potrebbe esporre la pubblica amministrazione a cause di lavoro. Peraltro, il passaggio dal privato al pubblico comporterebbe che i nuovi dipendenti potrebbero accedere alle funzioni solo previo regolare concorso di Stato.
Il secondo problema è che ad oggi Equitalia riscuote non solo i crediti dell’Erario (rappresentato dall’Agenzia delle Entrate), ma anche quelli di altri enti pubblici (Inps, Inail, Camere Commercio, ecc.) ed enti locali (Comuni, Regioni). Il che pone problemi di coordinazione.
La Cassazione parla chiaro in materia di termini di decadenza e prescrizione. Una ipotesi dovrebbe contemplare l’eliminazione dagli archivi dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia i debiti prescritti o decaduti secondo i termini di legge ribaditi dalla Cassazione (cartelle decadute inviate ciclicamente al contribuente e che danno via ad azioni esecutive). Il Governo dovrebbe sospendere ogni cartella esattoriale i cui importi siano legati al periodo di tempo compreso tra il 2006 ed il 2016 a carico delle piccole, medie, imprese.