empori-solidali-italia-crescitaI dati principali del primo rapporto sugli empori solidali in Italia, in crescita rispetto allo scorso anno. Il rapporto è stato realizzato da Caritas Italiana e CSVnet, associazione centri servizio per il volontariato.


Sono 178 gli empori solidali attivi in Italia, distribuiti in 19 regioni; e almeno altri 20 sono pronti ad aprire entro il 2019.

 

È uno dei dati principali contenuti nel primo rapporto sul fenomeno realizzato da Caritas Italiana e CSVnet, l’associazione dei centri di servizio per il volontariato, e presentato oggi a Roma in occasione della 33esima Giornata internazionale del Volontariato.

 

Cosa sono gli empori

 

Gli empori sono una forma avanzata di aiuto alle famiglie che vivono situazioni temporanee di povertà; spesso costituiscono un’evoluzione delle tradizionali e ancora molto diffuse (e indispensabili) distribuzioni di ”borse-spesa”.

 

Si tratta di un modello che ha conosciuto una crescita impressionante nell’ultimo triennio: il 57% degli empori (102) ha aperto tra il 2016 e il 2018, quota che sale al 72% se si considera anche l’anno precedente. Il primo è nato nel 1997 a Genova, mentre è dal 2008, con le aperture degli empori Caritas a Roma, Prato e Pescara, che il modello ha cominciato ad affermarsi.

 

I dati emersi dal rapporto

 

Nel realizzare questa prima mappatura – che servirà ad aprire la strada a diversi approfondimenti futuri – Caritas Italiana e CSVnet hanno circoscritto i servizi da indagare in base a quattro caratteristiche comuni, pur nella varietà delle esperienze: l’aspetto e il funzionamento simile a negozi o piccoli market; la distribuzione gratuita di beni di prima necessità, resi disponibili da donazioni o acquisti, tra i quali i beneficiari possono liberamente scegliere in base ai propri bisogni e gusti; l’essere in rete con altre realtà del territorio per l’approvvigionamento e/o l’individuazione dei beneficiari; il proporre, insieme al sostegno materiale, altri servizi di orientamento, formazione, inclusione e socializzazione.

 

Nella quasi totalità dei casi, rileva il rapporto, gli empori sono gestiti da organizzazioni non profit, spesso in rete fra loro: per il 52% sono associazioni (in maggioranza di volontariato), per il 10% cooperative sociali, per il 35% enti ecclesiastici diocesani o parrocchie, per il 3% enti pubblici.

 

Il ruolo di questi ultimi, quasi sempre Comuni (300 quelli coinvolti), è riconosciuto da quasi tutti gli empori in ordine all’accesso e l’accompagnamento dei beneficiari.

 

Le Caritas diocesane hanno un ruolo in 137 empori (in 65 casi come promotrici dirette); i Csv lo hanno in 79 empori, offrendo prevalentemente supporti al funzionamento.

 

Gli empori sono aperti per 1.860 ore alla settimana per un totale di oltre 100 mila ore all’anno. La maggioranza apre 2 o 3 giorni alla settimana (non consecutivi); privilegiati i giorni infrasettimanali, mentre 37 sono aperti anche il sabato.

 

Dall’apertura al 30 giugno 2018 tutti gli empori attivi hanno servito più di 99mila famiglie e 325 mila persone, di cui il 44% straniere. Un’utenza anagraficamente molto giovane: il 27,4% (di cui un quinto neonati) ha meno di 15 anni, appena il 6,4% supera i 65.

 

Prendendo in considerazione solo il 2017, le famiglie beneficiarie sono state oltre 30mila e le persone 105mila.

 

Le dimensioni e le caratteristiche degli empori sono piuttosto disomogenee. Il costo mensile per la gestione oscilla tra 0 e 28 mila euro, tuttavia più del 70% si attesta nella fascia tra 1.000 e 4.500 euro. A pesare maggiormente sono le voci di costo relative all’acquisto diretto dei beni (circa 40%) e personale (per il 22%).