efficienza-ffp2In questi giorni stiamo assistendo al proliferare di diversi articoli su quotidiani on line relativi all’efficienza delle FFP2.

Sembra che un’azienda di Bolzano, di cui non viene riportato il nome, abbia fatto dei test che evidenziano come le FFP2 in circolazione in Italia non siano corrispondenti alle normative Comunitarie. Ci saremmo aspettati di vedere i test o per lo meno il nome dei laboratori in cui sono stati fatti; in alcuni articoli apparsi sembra siano stati svolti “in casa” direttamente da questa piccola azienda di Bolzano, in altri articoli si conferma invece si siano affidati ad un laboratorio spagnolo ed in altri ancora presso Enti Notificati.

In Europa gli Enti Notificati son ben pochi e laboratori accreditati per la normativa EN149 sono solo 12, riportiamo qui il sito dove si possono vedere i laboratori accreditati per la normativa per le le FFP2:  https://european-accreditation.org/publications/coronavirus-outbreak-%20accredited-laboratories-for-face-masks-testing/

Considerando i costi e le tempistiche, appare anomalo che un’azienda privata abbia speso tempo e decine di migliaia di euro per testare le mascherine di altri presso Laboratori accreditati. Ma soprattutto con quale fine?

I certificati delle FFP2: un’analisi di mercato

In un’analisi di mercato abbiamo trovato che la maggior parte dei certificati provengono da questi certificatori: CE2834 (Irlanda), CE0598 (SGS Finlandia), CE0370 (Spagna) e CE2163 (Turchia). Non abbiamo motivi di ritenere che ci sia una preponderanza di mascherine con codice CE2163 piuttosto di altri codici.

Viene indicato che il certificatore CE2163 appalti i test di laboratorio a terzi; attività del tutto lecita che è prassi per tutti i più grandi certificatori esistenti.

Gli organi preposti dell’Unione Europea controllano costantemente tutti i certificatori; rientra nelle loro mansioni ed è un’operazione di routine. Non abbiamo motivi e soprattutto prove per accusare le Autorità UE di non svolgere le proprie mansioni.

Riteniamo che il buon giornalismo si dovrebbe basare su prove riportate al pubblico. Ci vogliono i nomi dei denuncianti e le prove a sostegno.

Quello su cui ci interroghiamo è: il motivo di tanto accanimento basato sul nulla.

Ciò di cui siamo certi è che tutto questo potrebbe portare ad una paralisi del nostro Paese, che sullo stile mascherine chirurgiche nazionalizzate, ha portato l’Italia a rimanere senza DM per 2 mesi (aprile-maggio).

Paralisi che all’epoca ha portato l’Istituto Superiore di Sanità Italiano alla disperata decisione di suggerire agli italiani di arrotolarsi una t-shirt mezze maniche intorno al volto e ad autorizzare le mascherine in cotone.

Il problema della mancata efficienza delle FFP2 in Europa

Siamo perfettamente consci che ci siano prodotti contraffatti che non sarebbero mai dovuti entrare in Europa ma sappiamo anche che le mascherine riportanti il CE2163 sono state selezionate da molti Enti Pubblici di molti Paesi dell’Unione Europei. Tutti truffati? Ci verrebbe da dire per fortuna che “Bolzano c’è”.

Abbiamo sentito al telefono alcuni fabbricanti di FFP2 in Cina ed in Italia che hanno ottenuto la certificazione da Universal Certification; tutte, senza remore, hanno inviato a stretto giro tutti i test di analisi presso Laboratorio accreditati ILAC – CNAS.

Non è nostra intenzione difendere certificatori Turchi, Irlandesi, Finlandesi o Spagnoli.

La nostra finalità è riflettere come sia facile fare informazione basata sul sentito dire; lo stesso “sentito dire” che ha portato alla rovina di persone ed alcune volte di intere Comunità. “Un sentito dire” che questa volta potrebbe portare, per l’ennesima volta, a lasciare gli italiani senza protezioni, il tutto a vantaggio di alcune aziende commerciali che commercializzato mascherine FFP2 con un codice di certificatore piuttosto che un altro.

È prassi del mercato europeo fare “guerre commerciali” LAVORANDO sulla qualità del proprio prodotto e sulla propria visibilità, non certo creando timori infondati fra consumatori.

Timori che portano con sé normalmente carenze di prodotto e relativo rialzo dei prezzi; come ad esempio suggerimenti costanti ad acquistare in farmacia piuttosto che in supermercati. Come se le GDO, tramite i propri uffici Buyer, non siano in grado di testare un prodotto proposto ai propri clienti.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it