Gli “agenti”, in questo specifico caso, non rivestono la qualità di pubblici ufficiali e, pertanto, i loro atti non godono della presunzione di veridicità fino a querela di falso.
Questa, in sintesi, la massima di diritto della sentenza della Cassazione n. 2035 del 30 gennaio 2014.
Nell’ambito di un contenzioso dinanzi al Tribunale di Locri, il giudice, rigettata l’eccezione preliminare di tardività avanzata dalla curatela fallimentare, emetteva decreto di accoglimento dell’opposizione alla stato passivo del fallimento proposta dall’Agente della riscossione.Avverso il decreto in questione, la curatela ricorreva per cassazione, contestando sotto diversi profili il rigetto dell’eccezione di intempestività.
In particolare, l’istante deduceva che l’atto oggetto dell’opposizione – comunicazione dell’esito di accertamento dello stato passivo ai sensi dell’articolo 97 della legge fallimentare (regio decreto 267/1942) – era stato comunicato dal cancelliere tramite servizio di posta privata all’Agente della riscossione il 20 giugno 2011, secondo quanto risultava dalla sottoscrizione dell’avviso di ricevimento della relativa raccomandata, mentre l’opposizione era stata depositata in cancelleria il 22 luglio 2011, in ritardo rispetto al termine – fissato dal successivo articolo 99 – di “trenta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 97”.
Più specificamente, poi, il ricorrente sosteneva che la comunicazione effettuata tramite servizio di posta privata doveva considerarsi legittima e che, pertanto, la data di notifica doveva ritenersi quella attestata dal verbale di consegna dell’incaricato postale sottoscritto dall’Agente della riscossione.
La pronuncia della Suprema corte
Il Collegio ha dovuto quindi affrontare la questione se, ai fini della decorrenza di un termine per proporre impugnazione, possa considerarsi facente fede l’attestazione della data di consegna proveniente dall’incaricato di un operatore postale privato.
In proposito, i giudici di piazza Cavour ricordano che, in tema di contenzioso tributario, è stato a suo tempo affermato il principio, espressione di una regola di carattere generale, secondo il quale, nel caso di notificazioni eseguite in via “diretta” (ovvero senza il tramite dell’ufficiale giudiziario o di altro agente notificatore) mediante spedizione dell’atto in plico con raccomandata con avviso di ricevimento, “quest’ultimo costituisce atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 cod. civ. e, pertanto, le attestazioni in esso contenute godono della stessa fede privilegiata di quelle relative alla procedura di notificazione eseguita per il tramite dell’ufficiale giudiziario (Cass. 17723/06 – Cass. 13812/07)”.
Il riportato principio, rileva la sentenza, non può peraltro essere esteso alle notificazioni eseguite tramite un servizio di posta privata.
Ciò in quanto, si legge nella pronuncia, gli agenti postali che svolgono tale servizio “non rivestono la qualità di pubblici ufficiali” e, pertanto, i loro atti “non godono di nessuna presunzione di veridicità fino a querela di falso…”.
Osservazioni
La sentenza 2035/2014 prende posizione su un aspetto ancora poco battuto dalla giurisprudenza, ovvero la valenza probatoria delle attestazioni contenute negli avvisi di ricevimento compilati in sede di “notificazione” di un atto, effettuata tramite raccomandata di un operatore postale privato.
Al proposito, si può ricordare che, nel processo dinanzi alle Commissioni tributarie, una della forme di notificazione degli atti è proprio quella che si attua – ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del Dlgs 546/1992 – mediante spedizione “diretta” (cioè, come detto, senza intermediazione di un ufficiale notificatore) dell’atto, a mezzo del servizio postale, in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento.
In base al comma 5 dell’articolo 16, la notificazione eseguita a mezzo del servizio postale “si considera fatta nella data della spedizione” (ovvero, nel giorno in cui il plico viene affidato al servizio postale, per il successivo inoltro e recapito al destinatario), mentre i termini che hanno inizio dalla notificazione “decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”.
L’affermazione contenuta nella pronuncia è perentoria, nel senso di ritenere che, in materia di notificazioni eseguite in via diretta a mezzo del servizio postale, mentre può riconoscersi fede privilegiata alle attestazioni dell’ufficiale postale, la stessa valenza non può essere attribuita alle analoghe attività poste in essere dall’incaricato di un servizio postale privato.
Peraltro, per sapere quale sarà l’impatto della sentenza in commento sulla futura giurisprudenza di legittimità, non resta che attendere altre pronunce della Suprema corte, che potranno eventualmente confermare l’odierna interpretazione.
Per completezza, si segnala che la giurisprudenza di merito, in un occasione in cui è stata chiamata a giudicare della legittimità della notificazione di un ricorso tributario eseguita da un’agenzia privata di recapiti, ha concluso per l’irritualità della notifica, con conseguente inammissibilità del ricorso. Nel caso di specie, la Ctp di Latina (sentenza n. 42/1/13 del 18 febbraio 2013) ha ritenuto che l’operatore postale privato è un “soggetto non abilitato, privo della qualifica di pubblico ufficiale, la cui attività inficia il perfezionamento del procedimento notificatorio”.