Dumping nei Trasporti: colpa di globalizzazione e burocrazia? Su il sipario sul terzo Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio: dal Rapporto Confcommercio-Isfort “Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia” emerge che nel triennio 2016-2018 il trasporto su ferro cresce di oltre il 5%, quello su gomma ma le imprese dei Paesi dell’Est cannibalizzano il nostro mercato.
La buona notizia è che il traffico merci in Italia cresce passando dai 437 miliardi di tonnellate per chilometro del 2015 ai 448 previsti nel 2018, mentre l’intermodalità viaggia a ritmo sostenuto; quella cattiva è che di questo traffico stanno approfittando sempre più gli altri Paesi. Si registrano, nei trasporti, nuovi fenomeni: la delocalizzazione all’estero di molte imprese (soprattutto dell’autotrasporto) e la contemporanea colonizzazione del settore (dalle strade agli scali portuali) da parte di aziende e gruppi stranieri, che riversano all’estero la ricchezza prodotta in Italia e rischiano di relegarci ai confini dell’impero tracciato dalla Via della Seta trasformando un’opportunità in un danno.
Dumping nei Trasporti: colpa di globalizzazione e burocrazia?
È quanto emerge dal Rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio realizzato in collaborazione con Isfort su “Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia” presentato a Cernobbio (Como) in apertura del terzo Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio. Il modello di analisi di questa terza edizione del Forum considera contestualmente i volumi trasportati e le distanze percorse (tonnellate-chilometro) dai quattro vettori negli spostamenti con origine e/o destinazione nel Paese (traffico interno, import ed export) senza vincoli di contendibilità e ampliando l’ambito territoriale di riferimento dai confini nazionali terrestri allo spazio acqueo e areo che ricade sotto la giurisdizione nazionale al netto di tutti i traffici di transito.
Considerando i 29 Paesi europei (l’Unione europea, più Regno Unito e Svizzera), le tonnellate trasportate ovunque da veicoli immatricolati in Italia scendono in percentuale identica (quasi 70%) rispetto alla perdita delle tonnellate trasportate dagli italiani in Italia. Non è così Sintesi dei principali risultati 9 per gli altri Paesi tradizionali, cioè dotati storicamente di un importante settore di autotrasporto di merci: le loro perdite complessive sono circa quaranta punti percentuali meno rilevanti delle perdite italiane, segno incontrovertibile, a questo punto, che Paesi esposti ai medesimi shock – euro, crisi, dumping di costo di nuovi autotrasportatori – hanno reagito in modo profondamente differente. Non si può trascurare di sottolineare il quasi annientamento della quota di mercato italiana sul traffico internazionale, ormai attorno a un impressionante due per cento.
Per quanto riguarda l’Italia, si deve concludere che deve esserci qualche specifico deficit sistemico che colpisce la vitalità dell’autotrasporto di veicoli immatricolati nel Paese. Che una parte delle imprese italiane abbia delocalizzato, mantenendo la proprietà in tutto o in parte delle aziende di autotrasporto, o abbia semplicemente abbandonato il Paese per lavorare con leggi e costi di altre economie non fa troppa differenza. Si è in presenza di una perdita netta di un settore produttivo: dopo la deindustrializzazione che ha investito settori strategici dell’economia italiana, quanto appena visto appare come un brutto sintomo di de-terziarizzazione, anch’essa riguardante un settore particolarmente rilevante per il funzionamento dell’intero sistema produttivo nazionale. Sintomo pericoloso, tanto più che le prospettive complessive della mobilità di merci, come visto, non sembrano affatto buie. La nuova e aggiuntiva domanda prospettica – circa 6,3 miliardi di t-km nel triennio 2016-2018 – però, in queste condizioni, difficilmente andrà a vantaggio dell’autotrasporto italiano.
In allegato il testo completo dello Studio di ConfTrasporto.