La Carta Europea per l’uguaglianza di donne e uomini nella vita locale e regionale (di seguito CARTA) ha per titolare il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (CCRE) ed ha il sostegno europeo nella fase di stesura come della sua applicazione.

Il CCRE si è dotato di un Osservatorio per esaminare i risultati dell’osservazione della CARTA..

Da tali dati l’Italia risulta lo Stato con il più alto numero di ratifiche della CARTA: 430 ratifiche a livello nazionale, di cui 243 in Toscana. Le 243 ratifiche toscane sono così articolate: le 10 Province toscane, la Regione e moltissimi Comuni. Se si tiene presente che i Comuni della Toscana sono 284, si può affermare che la stragrande maggioranza della popolazione toscana aderisce alla CARTA e in convenzione ha applicato o sta applicando negli enti territoriali i suoi contenuti.

Queste adesioni si sono manifestate, in Toscana, con la scelta politica di aderire alla CARTA esaminando piani annuali di azione della stessa e portandoli in approvazione nelle Assemblee elettive (Consigli) − compreso quello regionale − che ha redatto il Piano di azione per l’applicazione della CARTA.

Inoltre, la Regione Toscana ha anche legiferato sulla materia con la L.R. 16/2009, che prevede l’utilizzo dello strumento Bilancio di genere che esamina, divisi per genere, i dati della popolazione in ogni attività e consente, in accompagnamento al Bilancio di previsione annuale, di paragonare l’impegno degli enti dal punto di vista della spesa con un’osservazione sociale, sociologica, politica e istituzionale e non ha precedenti nella storia dell’applicazione dei Bilanci.

Quindi il Bilancio di genere può essere privilegiato come strumento di lavoro proprio per operare una politica dell’equità e arrivare ad una politica dell’uguaglianza di genere attraverso azioni successive che possono essere definite azioni positive per l’applicazione della CARTA.

CHIEDE

–          Che il legislatore regionale si doti di una legge sulla cittadinanza di genere paragonabile per qualità a quella Toscana e che metta in moto il meccanismo dell’esame annuale delle politiche di genere in un quadro di Piano di azione, sempre in applicazione della CARTA.

–          Una Conferenza con la Conferenza delle regioni nella quale i Presidenti delle Regioni assumano come strumento di programmazione il Bilancio di genere di cui le Regioni devono dotarsi. Ma questo strumento può diventare strumento di programmazione se é accettato a livello territoriale il momento di verifica dei risultati delle politiche, da fare annualmente contestualmente al Bilancio annuale, e di previsione di direttiva triennale per procedere attraverso le azioni positive all’applicazione delle scelte di politica di genere, per l’uguaglianza tra donne e uomini.

CHIEDE

–          Al Parlamento nazionale di prevedere che vi sia nella nuova legislazione nazionale una ripresa dei provvedimenti a favore delle politiche dell’uguaglianza tra donne e uomini. Queste politiche non possono che essere finanziate perché vi sia una possibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro e di veder crescere quindi l’occupazione femminile fino alla prospettiva del 60%, così come previsto nell’obiettivo del millennio: questo obiettivo deve essere indicato e previsto nelle politiche, perché nei patti territoriali di genere sia possibile nel Fondo Sociale Europeo o da altre fonti applicare i provvedimenti già esistenti nelle direttive comunitarie e applicarli Regione per Regione.

 

Quindi CHIEDE

–          Che la Conferenza delle Regioni preveda una propria iniziativa con le Regioni iniziativa per prendere a modello alcuni patti territoriali già esistenti, come quello di Barletta-Trani-Andria per mostrare come sia monitorabile una politica di azioni positive sul territorio che riesca a intervenire sul numero degli occupati donna e, più in generale di giovani uomini, come rappresentanti di famiglie o di coppie giovani. Occorre quindi sfondare il tetto della difficoltà per permettere di offrire prospettive alle giovani famiglie. I patti territoriali possono quindi favorire le politiche di conciliazione e quelle familiari, ma i patti territoriali richiedono forme di finanziamento per le quali lo Stato non usa solo i fondi comunitari, bensì stanzia fondi propri per permettere operazioni di incremento. Per avere uno stanziamento dei fondi propri bisogna che nel Bilancio dello Stato si cominci a scrivere un allegato che si può chiamare Bilancio di genere − anche nel Bilancio dello Stato! − attraverso l’introduzione di un provvedimento in ogni Decreto legge che il Governo assuma come necessario per il Paese.

–          Tra gli ultimi provvedimenti che sono stati assunti non c’è traccia di politiche che guardino alle politiche delle pari opportunità o almeno non sono percepite: è necessario quindi che sia assunto un provvedimento specifico che chiede allo Stato l’assunzione di un Bilancio di genere che sia allegato al Bilancio ordinario annuale.

CHIEDE

Ai partiti politici, in vista delle elezioni europee, il rispetto della legge elettorale in vigore per le elezioni del Parlamento europeo, che prevede che un terzo degli eurodeputati della prossima legislazione sia composto da donne.

FONTE: Aiccre (Associazione italiana dei Comuni e delle Regioni d’Europa)