Un Comune è stato condannato per discriminazione, dopo aver negato il posto di lavoro ad una donna che aveva richiesto il congedo parentale.


Un comune toscano è stato condannato, dal Tribunale di Grosseto, per aver discriminato una donna che aveva appena vinto un concorso pubblico.

Il motivo sta nella richiesta della vincitrice della selezione di un congedo parentale.

Ecco cos’è successo.

Discriminazione per congedo parentale: comune condannato al risarcimento danni

Un’architetta, dopo aver vinto una selezione pubblica per la posizione di istruttore direttivo tecnico, aveva comunicato la sua intenzione di usufruire del congedo parentale per assistere il suo bambino di tre mesi, dopo aver sottoscritto il contratto e la presa di servizio.

Il motivo scatenante, infatti, era che il coniuge non poteva accudire il bambino, perché a sua volta impegnato ad assistere il padre ricoverato e in fin di vita, che si trovava fuori regione.

Invece di venire incontro alla lavoratrice, il Dirigente ha invitato la neoassunta ad andarsene, stracciando il contratto. Il motivo principale sarebbe stato l’impossibilità di accettare la richiesta, a causa delle difficoltà organizzative dell’ente.

Dopo che l’ente ha rifiutato anche di rilasciare l’attestato per aver risposto alla convocazione, la lavoratrice ha richiesto l’intervento dei Carabinieri.

Il Comune ha rifiutato un tentativo di riconciliazione di fronte alla Consigliera delle Pari Opportunità della Provincia di Grosseto. Perciò, i legali della donna si sono rivolti al tribunale, richiedendo la condanna del Comune per comportamento discriminatorio di genere.

Il giudice del lavoro ha accolto la richiesta di risarcimento danni avanzata dall’architetta, condannando il Comune per discriminazione diretta, affermando che, indubbiamente, la lavoratrice non avrebbe ricevuto quel trattamento, se fosse stata un uomo.

Le parole del giudice

Il giudice del lavoro Giuseppe Grosso ha detto:

“Il motivo che ha determinato la decisione del Comune, dapprima di rinviare la sottoscrizione del contratto e successivamente di attingere ad altra graduatoria, è da ravvisarsi nella circostanza che il dirigente, già consapevole dello stato di gravidanza della donna e dopo aver atteso il superamento del periodo di astensione obbligatoria, abbia infine appreso solo durante il giorno della prevista sottoscrizione e presa di servizio della volontà della ricorrente di usufruire, per motivi personali, di periodi di astensione facoltativa. Ma tale motivazione è discriminatoria”.

La sentenza rappresenta un importante precedente. Una richiesta di un congedo parentale non può mai essere utilizzata come pretesto per negare un’assunzione o per discriminare una lavoratrice.

Il Comune di Grosseto dovrà risarcire la donna con una cifra pari a 18’000 euro per il danno patrimoniale e di 8000 euro per danno non patrimoniale, oltre a liquidare le spese di lite, pari a 4800 euro.

Tale risarcimento danni è stato deciso dal giudice, facendo riferimento al Codice delle Pari opportunità.

Il caso di Grosseto ripropone con forza la necessità di contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere, promuovendo politiche aziendali e sociali che favoriscano la conciliazione tra vita lavorativa e familiare.