direttiva case greenL’approvazione della Direttiva Case Green è prevista tra l’11 e il 14 marzo: ecco cosa sappiamo sulle spese per le ristrutturazioni.


La Energy Performance of Building Directive (Epbd), ovvero la Direttiva Case Green, sarà approvata, nel suo testo definitivo, dall’Europarlamento in una sessione plenaria che si svolgerà tra l’11 e il 14 marzo.

Ci sarà, poi, un ultimo passaggio in Consiglio e poi sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Ad essere interessati dalla nuova direttiva sono circa 5 milioni di edifici, con una spesa compresa tra i 20 e i 55mila euro per famiglia.

Vediamo allora nel dettaglio.

Direttiva Case Green: ecco tutto quello che c’è da sapere

Nella nuova direttiva, viene spiegato che il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici non potrà essere raggiunto solamente mediante le prestazioni dei nuovi edifici, ma anche intervenendo su quelli vecchi.

I Paesi membri, perciò, dovranno fare in modo che il 55% della riduzione del consumo di energia primaria sia raggiunto mediante il rinnovo degli edifici più energivori, che costituiscono il 43% degli immobili meno recenti.

Nonostante ciò, gli obblighi per i proprietari degli immobili sono più sfumati, rispetto alle bozze iniziali del documento. Inizialmente, infatti, era previsto un livello minimo di efficienza energetica da rispettare per tutti gli edifici.

Mentre, con l’ultima versione, Bruxelles si occuperà solamente degli obiettivi generali, mentre il modo in cui si arriverà a rispettare i target sarà definito autonomamente dagli Stati membri.

Ha una particolare importanza l’art.9 della direttiva: in base al testo, l’Italia s’impegna a ridurre il consumo medio di energia del proprio patrimonio residenziale, entro il 2050, quando lo stock abitativo dovrà essere a zero emissioni.

Entro il 2030, la riduzione dovrà essere del 16%, mentre entro il 2035 del 20/22%.

direttiva case greenDirettiva Case Green: i lavori di ristrutturazione

In Italia, secondo i dati Istat, ci sono circa 12 milioni di edifici residenziali. Perciò, la priorità sarà intervenire sui cinque milioni di edifici con le prestazioni peggiori.

Tra le maggiori difficoltà c’è l’assenza della pagella energetica per molti edifici, perché, secondo la legge, l’elaborazione è obbligatoria solo in alcuni casi, come la vendita, la ristrutturazione integrale, etc.

Secondo il database dell’Enea, sono registrati oltre 5 milioni di attestati di prestazione energetica e il 51,8% di questi ricade nelle classi energetiche peggiori, ovvero F e G.

I lavori di ristrutturazione dovranno partire proprio da questi edifici, ma sarà complicato individuare quelli con le performance energetiche peggiori.

Si tratta, quindi, di una grande mole di immobili, dalla quale potrebbero esserne esclusi alcuni. Secondo la direttiva e a discrezione dei Paesi membri, infatti, potranno essere esentati alcuni edifici, come quelli religiosi, quelli temporanei, i fabbricati destinati all’agricoltura, le seconde case usate per meno di quattro mesi all’anno, etc.

Bisognerà attendere per capire come l’Italia recepirà alcune regole, quante saranno le risorse messe a disposizione e quali saranno i meccanismi di agevolazione.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it