licenziamento legittimoUn operatore telefonico del call center o una commessa che rispondono male a un cliente possono per questa condotta essere licenziati in tronco?


 

La risposta arriva dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 dicembre 2016 – 22 marzo 2017, n. 7346.

 

Va premesso che, secondo il consolidato orientamento espresso dalla Corte sul punto, “la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare; quale evento “che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”, la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici.

 

(Nella specie, la Corte territoriale, nel dichiarare illegittimo per difetto di proporzionalità il licenziamento di un impiegato di banca trovato in possesso di sostanze stupefacenti, aveva evidenziato trattarsi di droghe “leggere”, detenute per uso personale, e non a fini di spaccio, in circostanze di tempo e luogo compatibili con l’ipotesi del consumo non abituale; la S.C., ritenendo tale motivazione inadeguata rispetto alla clausola generale di cui all’art. 2119 cod. civ., ha cassato la sentenza)” (Cass. Sez. L, n. 6498 del 26/04/2012, Rv. 622158).

 

In tale prospettiva si evidenzia che le critiche svolte con i motivi di ricorso concernono non già la verifica in ordine ai criteri ermeneutici di applicazione delle clausole generali di cui agli artt. 2119 e 1455 cc, ma, piuttosto, l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi ritenuti dai giudici del merito inidonei a giustificare licenziamento. La censura s’incentra sostanzialmente, come è evincibile dall’ultima parte della formulazione del motivo, nella critica della logicità della motivazione, la quale nella valutazione del giudizio di proporzionalità ha correttamente tenuto conto di circostanze ulteriori rispetto all’episodio contestato, quali la permanenza nell’ufficio per oltre 13 anni senza demerito.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.