In caso di variazione dell’orario di lavoro, il dipendente che rifiuta il cambiamento può essere licenziato? Ecco cosa dice la legge.


Può capitare che il monte orario di un lavoratore vari nel corso della sua carriera professionale, sia per suo volere che per volere dell’azienda.
In questo secondo caso, però, il dipendente è obbligato ad accettare la variazione dell’orario lavorativo oppure rischia di essere licenziato?

Vediamolo insieme.

Come può cambiare l’orario di lavoro

I contratti di lavoro più diffusi sono quelli a tempo pieno, ovvero quelli che prevedono 40 ore settimanali (con alcune eccezioni previste dai CCNL di categoria).

Mentre i contratti di lavoro a tempo parziale (o part-time) prevedono un monte orario inferiore alle 40 ore e possono essere:

  • Orizzontali: quando il dipendente lavora tutti i giorni, per un orario inferiore all’orario giornaliero standard;
  • Verticali: quando il dipendente lavora solo alcuni giorni della settimana (o del mese o dell’anno) a tempo pieno;
  • Misti: caratterizzati da una combinazione delle due forme.

Molti lavoratori scelgono di lavorare part-time per avere una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e tempo libero.
La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time (e viceversa) può essere effettuata solo su accordo delle due parti.

La variazione è infatti inammissibile senza il consenso del dipendente, come previsto dall’art.5 del D.lgs. 61/2000:

“Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di licenziamento.”

Ma può capitare che la variazione da full-time a part-time sia richiesto dalla legge. Ciò avviene:

  • Se il lavoratore è affetto da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti;
  • Se le patologie oncologiche o le gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti interessano il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore;
  • Nel caso in cui il lavoratore assista una persona convivente con totale permanente inabilità lavorativa e che abbia necessità di assistenza continua;
  • In caso di richiesta del lavoratore con figlio convivente con età inferiore ai 13 anni o con disabilità grave.

Rifiuto variazione orario lavorativoRifiuto variazione orario lavorativo: il dipendente può essere licenziato?

La variazione dell’orario di lavoro, come detto, può avvenire solamente con l’accordo delle due parti.
Per questo, in linea generale, il rifiuto del lavoratore a cambiare il suo monte orario lavorativo non può essere motivo di licenziamento.

C’è però un’eccezione, ovvero quando il licenziamento non sia motivato dal rifiuto del dipendente per il cambio orario, bensì dall’impossibilità di utilizzo della prestazione a tempo parziale.

Se il datore di lavoro si trova in una situazione economica, tale da dover fare una riorganizzazione del personale, può licenziare il dipendente che si è rifiutato di cambiare il suo orario di lavoro (sia aumentando che diminuendo le ore).

Il licenziamento è legittimo, solo se l’azienda è in grado di dimostrare:

  • L’impossibilità di mantenere in forza il dipendente, senza variazione del suo orario di servizio, a causa di concrete esigenze economiche e organizzative;
  • Che l’offerta di variazione dell’orario è stata fatta e il dipendente si è rifiutato di cambiare;
  • La presenza di un nesso causale tra le esigenze di variazione dell’orario di lavoro e il licenziamento del dipendente.

Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it