digheIn Italia abbiamo la bellezza, si fa per dire, di 31 opere idriche incompiute. Si tratta di dighe, impianti di irrigazioni, adduttori ed altri interventi, interrotti per contenziosi sugli appalti, interruzioni del finanziamento o altre ragioni.


 

Per realizzare queste incompiute – in vari stadi di realizzazione – sono già stati utilizzati finanziamenti per 537.211.456 euro, la stima del costo per ultimarle è di 620.748.032 euro.

Le regioni che hanno più incompiute idriche sono la Campania e la Calabria con 7 a testa, seguono Sicilia, Puglia e Lazio con 4, l’Abruzzo con 2, chiudono la classifica Emilia Romagna, Molise e Sardegna con una a testa: totale 31.

Sono alcuni dei dati contenuti del rapporto ‘Manutenzione Italia’ dell’Anbi, l’associazione nazionale dei 151 consorzi per la gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue. Queste incompiute “hanno creato un danno enorme al Paese“, dice il presidente Anbi Francesco Vincenzi, “dobbiamo avere il coraggio di dire se le terminiamo o non le terminiamo. Dobbiamo voltare pagina”.



 

 

Tra i casi più clamorosi la diga sul Melito in Calabria, ai piedi dell’altopiano della Sila, nel catanzarese: doveva essere una delle più grandi dighe in Europa, capace di fornire acqua potabile e per irrigazione e con l’ambizione di stimolare anche il turismo (lacustre, per l’invaso che sarebbe nato) dando una mano all’ambiente oltre che all’agricoltura.

 

Il progetto interessa 55 Comuni per circa 500mila abitanti che sarebbero stati serviti dall’invaso che avrebbe fornito acqua sufficiente per irrigare 16mila ettari circa di terreno. La realtà che racconta l’Anbi oggi è invece di un’opera i cui lavori sono iniziati negli anni 90 ma dopo quasi 30 anni risultano completati solo al 10%. Lavori sospesi per un contenzioso con l’impresa appaltante, a fronte di 112 ettari di terreno già espropriati, migliaia di posti di lavoro persi e 400 ettari di terreno impegnati inutilmente.

 

 

Altro caso preoccupante è quello della diga di Pietrarossa, tra le province di Catania e Enna. Potrebbe garantire, riferisce Anbi, 17.500 ettari di terreno irrigabili a fronte degli attuali 6mila, sul territorio dell’intera piana di Catania e le province di Catania, Siracusa ed Enna con 35 milioni di metri cubi d’acqua invasabili.

 

 

I lavori, aggiungendo al danno la beffa, sono completati al 95%. Erano iniziati nel 1989 e sono stati interrotti nel 1993, sono poi ripresi nel maggio del 1997 e sospesi nell’ottobre dello stesso anno a causa del ritrovamento di un sito archeologico. Intanto, denuncia Anbi, 11mila ettari di terreno soffrono la siccità mentre risultano necessari appena 60 milioni per il completamento del restante 5% dell’opera.

 

 

C’è poi il caso della rete irrigua Alento-Campania, a completamento dell’invaso Piano della Rocca. Si potrebbero avere 5mila ettari irrigabili in 12 comuni del Cilento, con risparmio di acqua, ammodernamento del servizio irriguo e riduzione del degrado ambientale.

 

I lavori sono iniziati nel 1999 e sono stati sospesi nel 2011 dopo il completamento dei lotti 1 e 2 per il mancato finanziamento del lotto 3. Intanto però sono stati già finanziati e spesi 34 milionimentre 1.600 ettari risultano ancora non irrigabili per il mancato completamento dell’opera.

 

Insomma, “risulta non più rinviabile la realizzazione di quelle opere“, avverte Anbi, che però non si ferma a questo.

 

Per “risolvere o quanto meno alleviare” la situazione di rischio idrogeologico nei territori italiani che ricadono nei comprensori di bonifica l’Anbi propone un piano pluriennale di interventi aggiornato al 2017 che prevede 3.709 interventi per un importo complessivo di quasi 8 miliardi, tenendo presente che “ogni milione di investimento nel settore genera 7 posti di lavoro”, mentre “per i danni da alluvioni lo stato spende ogni anno 2,5 miliardi”.

 

Sul fronte della disponibilità idrica Anbi ritiene “non più rinviabile provvedere a realizzare serbatoi, vasche di espansione e laminazione delle piene al fine di regolare la cospicua quantità di acqua della stagione piovosa e conservare tale risorsa per la stagione irrigua”.

 

Allo stesso tempo, però, è “non più rinviabile ammodernare e razionalizzare le reti consortili per lo scolo delle acque” e “completare, ammodernare e rendere più efficienti” gli impianti di irrigazione collettiva. Da queste necessità discende l’esigenza di un Piano nazionale per i piccoli e medi invasi, oltre alle infrastrutture per l’utilizzo dell’acqua, da 20 miliardi di investimenti per 2.000 interventi, per 400 dei quali i Consorzi hanno già progetti definitivi ed esecutivi.

 

OLIVERIO (PD): INCOMPIUTE OFFESA TERRITORIO

Le opere idriche incompiute, in un Paese che affronta e affronterà situazioni di siccità sempre più severe d’estate mentre tra autunno e inverno è perennemente a rischio dissesto idrogeologico, con morti e gravi danni, sono una cosa che “brucia sulla pelle dei tanti cittadini che vedono queste opere iniziate da moltissimo tempo ferme, con gli espropri che sono già stati fatti, con tante risorse che sono state investite. Sono cose che bruciano sulla pelle della collettività, delle comunità, anche per il mancato sviluppo di quel territorio”.

 

Nicodemo Oliverio, deputato Pd, Capogruppo Dem in commissione Agricoltura e componente della Giunta delle Elezioni, lo dice a margine del convegno Anbi di oggi a Roma nel corso del quale è stato presentato il rapporto ‘Manutenzione Italia: azioni per l’Italia sicura’.

 

“L’agricoltura, i prodotti agricoli che sono apprezzati nei mercati mondiali nascono da terrei irrigati, allora lo sviluppo del Mezzogiorno passa soprattutto anche dall’irrigazione, dalla possibilità di irrigare i terreni”, avverte Nicodemo Oliverio, “in quest’ultima annata nella quale abbiamo riscontrato una grande siccità i vigneti che hanno prodotto uve di qualità sono quelli che hanno ricevuto un’irrigazione di soccorso, tanti prodotti invece non si sono potuti realizzare per mancanza d’acqua”.

 

In questa situazione il Governo “è stato impegnato dal Parlamento a portare avanti tre soluzioni– conclude il deputato Pd- definire e completare le tante incompiute come la diga del Melito e altre, poi avviare da subito la progettazione e realizzazione delle opere necessarie per quali vi sono 700 milioni al ministero delle Politiche agricole e avviare il piano di invaso, un enorme bacino di risorse che possono essere utilizzate ogni anno a tutela del territorio e contro il dissesto idrogeologico”.