Per gli eurogiudici, la disposizione che consente a una società controllante l’intera deduzione dei dividendi se ricevuti dalle controllate appartenenti allo stesso gruppo e prevede, invece, la deduzione parziale se le controllate hanno sede in altro Stato membro, viola la libertà di stabilimento limitando la creazione di controllate estere.
I fatti di causa
Una società francese, membro di un gruppo fiscale integrato, detiene a sua volta partecipazioni, superiori al 95%, in controllate, con sede sia in Francia che in altri Stati membri. I dividendi che detta società riceve dalle sue controllate, stabilite in altri Stati membri, sono stati dedotti dal suo utile netto totale, secondo la normativa tributaria francese, a eccezione di una quota per spese e oneri, fissata forfettariamente al 5% dell’importo netto dei dividendi ricevuti e che rappresenta le spese e gli oneri sopportati dalla società controllante, in relazione alla sua partecipazione nella controllata che ha distribuito tali dividendi.
Dopo aver spontaneamente versato, su tale base, l’imposta sulle società e i contributi aggiuntivi, la società ha chiesto la restituzione della frazione di tali imposte, corrispondente alla quota per spese e oneri, basando la sua domanda sull’incompatibilità della normativa nazionale con l’articolo 49 del Tfue. In questo senso, ha dedotto la disparità di trattamento tra i dividendi ricevuti da una società controllante di un gruppo fiscale integrato, a seconda che i dividendi provengano da società che a loro volta fanno parte di tale gruppo integrato, circostanza che implica che queste ultime abbiano sede in Francia, oppure provengano da controllate stabilite in altri Stati membri. Infatti, solo nel primo caso, i dividendi sono totalmente esenti dall’imposta sulle società in ragione della neutralizzazione della reintegrazione, nell’utile della società controllante, della quota per spese e oneri.
Il contenzioso nazionale
Attesa la reiezione della domanda da parte dell’amministrazione tributaria, la società ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo di Montreuil.
A seguito del rigetto di tale ricorso, la società ha presentato appello avanti alla Corte amministrativa d’appello di Versailles. Secondo il giudice del rinvio, in particolare, la sentenza gravata non avrebbe esaminato la conformità al diritto dell’Unione dell’insieme dei vantaggi, riservati alle società facenti parte di un gruppo fiscale integrato.
La questione pregiudiziale
Questa, dunque, la consequenziale questione pregiudiziale, proposta alla Corte Ue:
“se l’articolo 43 Ce, divenuto articolo 49 Tfue, relativo alla libertà di stabilimento, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che la normativa relativa al regime francese dell’integrazione fiscale accordi a una società controllante integrante il beneficio della neutralizzazione della reintegrazione della quota per spese e oneri fissata forfettariamente al 5% dell’importo netto dei dividendi che essa percepisce unicamente dalle società residenti parti dell’integrazione, mentre un siffatto diritto le è negato, in forza di tale normativa, per i dividendi che le sono distribuiti dalle sue società controllate stabilite in un altro Stato membro, le quali, se fossero state residenti, sarebbero state, previa opzione in tal senso, oggettivamente ammissibili al regime dell’integrazione”.
La legge francese è discriminatoria?
Osserva la Corte Ue che l’articolo 49 del Tfue impone la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Secondo la normativa francese, i dividendi ricevuti da una società controllante residente facente parte di un gruppo fiscale integrato, e che sono stati distribuiti dalle sue controllate appartenenti allo stesso gruppo fiscale, sono interamente dedotti dall’utile netto di tale società controllante e, pertanto, interamente esenti dall’imposta sulle società in tale Stato membro, mentre i dividendi ricevuti da tale società controllante provenienti da controllate che non appartengono a tale gruppo fiscale sono solo parzialmente esenti da tale imposta, a causa della reintegrazione della quota per spese e oneri nell’utile di questa stessa società controllante. Quindi, dal momento che, in forza di una tale normativa, solo le società residenti possono far parte di un gruppo fiscale integrato, il vantaggio fiscale di cui trattasi è riservato ai dividendi di origine nazionale. In questo senso – inferiscono i togati comunitari – l’esclusione dal beneficio di un simile vantaggio di una società controllante che detenga una controllata stabilita in un altro Stato membro è tale da scoraggiare l’esercizio, da parte di tale società controllante, della sua libertà di stabilimento, dissuadendola dal creare controllate in altri Stati membri.
I limiti possibili alla libertà di stabilimento
Ebbene, affinché la descritta differenza di trattamento sia compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, occorre che essa riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili o che sia giustificata da una ragione imperativa di interesse generale. Ma non vale, a tal fine, il richiamo a una giurisprudenza della Corte (sentenza X Holding, resa nella causa C‑337/2008): in tale sentenza, infatti, la Corte ha soltanto esaminato il requisito della residenza quale requisito di accesso al regime di integrazione fiscale e ha statuito che tale requisito era giustificato, tenendo conto del fatto che detto regime permette il trasferimento delle perdite all’interno del gruppo fiscale integrato. Non si può dedurre – proseguono gli eurogiudici – dalla sentenza richiamata che qualsiasi differenza di trattamento tra società appartenenti a un gruppo fiscale integrato, da un lato, e società non appartenenti a un tale gruppo, d’altro lato, sia compatibile con l’articolo 49 del Tfue.
Per quanto riguarda, poi, i vantaggi fiscali diversi dal trasferimento delle perdite all’interno del gruppo fiscale integrato, occorre, di conseguenza, valutare separatamente, se uno Stato membro possa riservare tali vantaggi alle società che fanno parte di un gruppo fiscale integrato e, pertanto, escluderli in situazioni transfrontaliere.
Ebbene, una differenza di trattamento, come quella in esame, non può essere giustificata dalla necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, riguardando detta differenza di trattamento solo i dividendi in entrata, ricevuti dalle società controllanti residenti, di modo che viene in rilievo la sovranità fiscale di un unico Stato. Infatti, non è stato identificato alcun nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui si tratta nel procedimento principale e uno svantaggio fiscale risultante dalla neutralizzazione delle operazioni interne al gruppo. Pertanto, concludono i togati comunitari, neanche l’argomento vertente sulla necessità di salvaguardare la coerenze del sistema fiscale francese può essere accolto.
Conclusioni
L’articolo 49 del Tfue deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro relativa a un regime d’integrazione fiscale, in forza della quale una società controllante integrante si giova della neutralizzazione della reintegrazione di una quota per spese e oneri, fissata forfettariamente al 5% dell’importo netto dei dividendi che essa riceve dalle società residenti parti dell’integrazione, mentre una siffatta neutralizzazione le è negata, in forza di tale normativa, per i dividendi che le sono distribuiti dalle sue società controllate stabilite in un altro Stato membro, le quali, se fossero state residenti, sarebbero state, previa opzione in tal senso, oggettivamente ammissibili al regime dell’integrazione.
Data della sentenza
2 settembre 2015
Numero della causa
C-386/2014
Nome delle parti
Groupe Steria SCA
contro
Ministère des Finances et des Comptes publics