demolizione-opera-abusiva-nudo-proprietarioUna recente sentenza del Consiglio di Stato si occupa di un’ordinanza di demolizione di opera abusiva indirizzata a un nudo proprietario.


Come indicato dalla Sentenza della sentenza del 17 marzo 2023 numero 2769 della VI sezione del Consiglio di Stato è legittima l’ordinanza di demolizione di opere abusive diretta e notificata al nudo proprietario, dovendosi considerare che questi si trova in una condizione giuridica che gli consente di attivarsi per recuperare il pieno godimento dell’immobile e provvedere direttamente alla rimozione delle opere abusivamente realizzate, potendo in particolare in caso di opposizione dell’usufruttuario, agire in giudizio a tale scopo.

L’usufruttuario infatti, ancorchè possessore rispetto ai terzi, è nel rapporto con il nudo proprietario, mero detentore del bene, con la conseguenza che egli può usucapirne la proprietà solo ponendo in essere un atto d’interversione del possesso esteriorizzato in maniera equivocabile e riconoscibile, vale a dire attraverso un’attività durevole, contrastante e incompatibile con il possesso altrui.

La sentenza del Consiglio di Stato sulla demolizione di un’opera abusiva indirizzata a nudo proprietario

Sulla base di tali interessanti considerazioni, il Consiglio di Stato, sez. VI, con un’importante pronunzia del 17 marzo 2023 n. 2769 (Est. R. Ravasio), rigettando l’appello, ha confermato in toto la sentenza di primo grado emessa dal TAR Campania che aveva ritenuto legittima ex lege l’ordinanza di demolizione notificata al nudo proprietario di un’immobile abusivo, pur se l’abuso era stato commesso dall’usufruttario.

Il caso è di particolare interesse in quanto nell’economia della decisione assunta dai giudici di Palazzo Spada, assume un peso specifico la circostanza che proprio il nudo proprietario non avesse la disponibilità del bene e che quindi concretamente non avrebbe potuto procedere al ripristino dei luoghi.

Inoltre, attraverso l’analisi dello sviluppo argomentativo della motivazione espressa dal Consesso Amministrativo, si evince che i giudici amministrativi, non operano alcuna distinzione tra proprietario effettivo e nudo proprietario ritenendo anzi che quest’ultimo sia “legittimato passivo”, sulla scorta di considerazioni che lasciano sullo sfondo il diritto amministrativo e poggiano esclusivamente la disamina del diritto di usufrutto (e dei rapporti che intercorrono tra il nudo proprietario e l’usufruttuario) attraverso un’angolazione e una prospettiva di tipo civilistico.

Il contesto normativo che fa da sfondo alla vicenda

Ciò premesso, ai fini di una lettera attenta della sentenza, è utile ricostruire il quadro normativo su cui si muove la vicenda.

In tal senso è necessario tenere a mente cosa prevede il comma 2 dell’articolo 31 del D.P.R. 6 Giugno 2001 n. 380 il quale così dispone: “il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accertata l’esecuzione degli interventi in assenza di permesso, in totale difformità dallo stesso ovvero con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione”.

Ebbene secondo la giurisprudenza amministrativa tale norma, individuando come destinatario del provvedimento sanzionatorio anche il proprietario dell’immobile, bypassa la circostanza se questi sia effettivamente responsabile dell’abuso.

Come più volte hanno avuto modo di sottolineare i giudici di Palazzo Spada, i provvedimenti aventi carattere sanzionatorio a contenuto demolitorio-ripristinatorio concernenti opere abusive rivestono carattere reale e come tali vanno intesi anche nei confronti di chi non avendo commesso alcuna violazione, si trovi nel momento dell’irrogazione della sanzione, in rapporto con la res, di modo tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato (Così Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2021 n. 3660 e Cons. Stato, sez. VI, 23 dicembre 2020 n. 8263).

Si ricava allora che l’attuale proprietario del bene, sebbene non risulti come autore effettivo dell’abuso edilizio, di fatto viene a trovarsi in una situazione in cui concretamente non può evitare l’ordinanza di demolizione. Tutt’al più, come afferma la giurisprudenza amministrativa “egli può far valere eventualmente le sue ragioni nei riguardi di chi tale bene gli abbia trasferito, azionando in proposito rimedi consentitigli dall’ordinamento nei confronti del suo dante causa o nei confronti dell’autore dell’abuso” (Cons. Stato, sez. I, 8 agosto 2022 n. 1344) [1].

Ciò posto, va anche detto che il proprietario che non sia responsabile dell’illecito può sottrarsi a tali sanzioni ove riesca a dimostrare di essere estraneo all’abuso o di essersi concretamente attivato per l’eliminazione dello stesso.  Sul punto è decisamente concorde la giurisprudenza amministrativa. Più precisamente secondo i giudici di Palazzo Spada (Cons. Stato, sez. VI, 24 giugno 2020 n. 4070),in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, la posizione di quest’ultimo può ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dal D.P.R n. 380 del 2001, anche con riferimento all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, a condizione che risulti in modo inequivocabile, la sua estraneità rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero che risulti in modo inequivocabile la sua estraneità rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero risulti che essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offerti dall’ordinamento”).

Il fatto da cui è scaturito il contenzioso

Ripercorso il quadro normativo su cui si sviluppa la vicenda oggetto del contendere, occorre preliminarmente ricostruire i fatti sottoposti all’attenzione della magistratura amministrativa.

Un privato, deduceva di essere nudo proprietario di un fondo concesso in usufrutto.

A seguito di sopralluogo effettuato dagli agenti della Polizia municipale, il Comune, riscontrava in loco la realizzazione di opere abusive, realizzate dunque senza il rilascio di preventivi titoli edilizi e oltretutto in zona vincolata.

Pertanto, con successiva ordinanza, il Comune ingiungeva al nudo proprietario l’ordine urgente di demolizione delle opere contestate.

Il ricorso al TAR Campania e le motivazioni del giudice di primo grado

Per tutta risposta, il privato decideva di proporre ricorso di fronte al tribunale amministrativo competente per chiedere e ottenere l’annullamento del provvedimento sanzionatorio disposto nei suoi confronti.

Ebbene il TAR Campania con sentenza n. 3870 del 20 luglio 2017, respingeva il ricorso censurando di fatto tutti i motivi di impugnazione sollevati da parte ricorrente.

Il giudice di primo grado infatti rilevava in particolare che: a) tutte le opere di cui era stata ingiunta la demolizione concernevano interventi soggetti a preventivo permesso di costruire; b) che il permesso di punire e sanzionare gli abusi di natura edilizia non è un’azione soggetta a termini di prescrizione o decadenza e tanto più non obbliga l’Amministrazione a motivare sulla necessaria pubblica utilità di procedere al ripristino; c) la presenza del vincolo paesaggistico, lungi dal rappresentare un ostacolo all’ordine di demolizione, lo rendeva a gioco forza perfettamente legittimo.

Infine per quel che interessa la nostra trattazione, i giudici amministrativi campani in relazione alla circostanza per la quale il ricorrente faceva valere la propria qualità di nudo proprietario (come tale impossibilito a dare seguito ed esecuzione all’ordinanza di ingiunzione demolitoria), sottolineano che le sanzioni demolitorie colpiscono il bene indipendentemente da chi ha commesso l’abuso, ragion per cui possono essere applicate legittimamente anche nei confronti del proprietario attuale non responsabile. Nello specifico il TAR Campania, osserva chetrattandosi della demolizione del bene e non del semplice utilizzo economico dello stesso, deve ritenersi legittima la notifica dell’ordinanza di demolizione anche al nudo proprietario oltre che all’usufruttuario”.

Concretamente dunque secondo i giudici amministrativi, le misure a carattere repressivo-edilizio possono essere adottate anche nei confronti del proprietario attuale dell’immobile cui le opere accedono, anche se materialmente non responsabile.

Le doglianze sollevate in appello davanti ai giudici di Palazzo Spada

Avverso tale decisione, l’appellante impugnava la decisione di primo grado esclusivamente nella parte in cui sottolineava la natura giuridica “realedell’ordinanza sanzionatoria deducendo “che un ordine di demolizione non poteva essere emesso nei confronti di un soggetto non responsabile, che non sia nelle condizioni giuridiche per adempiere al comando”.

Secondo l’appellante del resto, lo stesso, in qualità di nudo proprietario, in mancanza di disponibilità dell’immobile, non avrebbe partecipato alla realizzazione delle opere abusive accertate sul terreno e tale circostanza risulta sostanzialmente incontestata. Proprio in tale situazione d’impossibilità materiale (circostanza che sarebbe ex se preclusiva alla possibilità di procedere alla rimozione delle opere abusive), si troverebbe il nudo proprietario,posto che esso non ha facoltà d’uso del bene gravato da usufrutto, né ha il potere di costringere l’usufruttuario ad eseguire l’ordine di ripristino”.

Motivo per cui è da ritenersi illegittima l’ordinanza di demolizione a lui rivolta.

La decisione del Consiglio di Stato: la soluzione attraverso il richiamo ai principi civilistici  

Come accennato in precedenza, il Collegio Amministrativo per risolvere la controversia sottoposta alla loro attenzione, imposta la traiettoria argomentativa della propria decisione, col supporto e l’accurata ricognizione della consolidata giurisprudenza civilistica, arrivando a delineare uno sviluppo argomentativo dei principi e delle regole fondamentali che governano la materia.

Per i giudici di Palazzo Spada che richiamano la giurisprudenza civile, “occorre rilevare che il nudo proprietario non perde la disponibilità del bene sebbene concesso in usufrutto”. La figura dell’usufruttuario rispetto a quella del nudo proprietario si pone come semplice detentore della cosa e con la conseguenza che “egli può usucapirne la proprietà solo ponendo in essere un atto d’interversione del possesso esteriorizzato in maniera inequivocabile e riconoscibile, vale a dire attraverso un’attività durevole, contrastante e incompatibile con il possesso altrui” (Cass. Civ. sez. II, 10 gennaio 2011 n. 355).

E sono sempre i giudici di Palazzo Spada a ricordare come sia lo stesso Supremo Organo di nomofilachia, a riconoscere la legittimazione del nudo proprietario a poter agire processualmente in giudizio contro tutti coloro che mettono in atto ingerenze sulla cosa oggetto di usufrutto. In particolare, secondo Cass. Civ. sez. II 21 febbraio 2019 n. 5147in tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione realizzata dall’usufruttuario dell’immobile deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, potendo il titolare del diritto reale di godimento al più intervenire in giudizio, in via adesiva ai sensi dell’art. 105 cpc”.

Al di là dei precisi richiami giurisprudenziali in materia civilistica, tale linea di pensiero è considerata dal Consesso Amministrativo pienamente legittima e conforme anche in relazione all’architettura del nostro sistema normativo regolante la materia in oggetto.

Per i giudici amministrativi val la pena richiamare su tutti gli articoli 1005 e 1015 c.c. Infatti, ai sensi dell’articolo 1005 c.c. “le spese per le riparazioni straordinarie sono a carico del nudo proprietario”. Ed ancora il successivo articolo 1015 c.c. dispone che “l’usufrutto cessa in caso di abuso del suo diritto che commetta l’usufruttuario, e al nudo proprietario sono riconosciuti, a tal riguardo, opportuni mezzi di tutela”.

Dalla lettura ragionata e dell’analisi ermeneutica di entrambe le disposizioni si deduce come sia ricavabile una posizione (giuridica) di potenziale disponibilità del bene anche nei confronti di chi risulti essere nudo proprietario.

In relazione a quanto premesso, secondo il Consesso Amministrativo, è da considerarsi pienamente conforme a legge, l’ordinanza demolitiva di opere ritenute abusive dall’Amministrazione comunale, indirizzata anche nei confronti del nudo proprietario. In particolare per i giudici di Palazzo Spada “il nudo proprietario si trova nella condizione giuridica e fattuale che gli consente di attivarsi per recuperare il pieno godimento dell’immobile a provvedere direttamente alla rimozione delle opere abusivamente realizzate”.

Va da sé che anche nell’eventuale ipotesi di opposizione dell’usufruttario, il nudo proprietario può sempre agire in giudizio a tale scopo se del caso, ricordano i giudici amministrativi, previo esperimento di apposita azione giurisdizionale con cui lo stesso chieda l’accertamento del dovere diritto a rimuovere opere edilizie abusivamente realizzate sull’immobile concesso in usufrutto” e tale domanda una volta trascritta, “essendo idonea a prenotare gli effetti scaturenti dalla futura sentenza, potrebbe precludere l’acquisizione del bene al patrimonio del Comune, in seguito del vano decorso del termine assegnato per la demolizione”.

Dal quadro delineato emerge ictu oculi come il nudo proprietario, avrebbe potuto attivarsi tempestivamente attraverso una serie di strumenti giuridici che l’ordinamento mette a disposizione a sua tutela per far cessare l’abuso.

Di conseguenza, riconosciuta la legittimazione passiva del nudo proprietario, deve considerarsi pienamente legittima l’ordinanza di demolizione emessa dall’Amministrazione comunale, tanto più che nel caso di specie l’appellante (nudo proprietario) risulta essere oltretutto madre dell’usufruttuario e come tale “presumibilmente ancora più in grado di assicurare volendo, il ripristino dell’abuso”.

Ne consegue che l’inerzia palesata determina inevitabilmente il rigetto dell’appello e la conseguente condanna alle spese.

 

Note

[1] Val la pena ricordare che nell’ipotesi in cui il proprietario violi l’obbligo di eliminare l’abuso, lo stesso subisce le sanzioni previste dal nostro ordinamento e cioè rispettivamente l’acquisizione gratuita del bene abusivo (sequestrato) al patrimonio del Comune nonchè l’irrogazione di una sanzione di tipo pecuniario ai sensi dei commi 3 e successivi dell’articolo 31 del D.P.R n. 380/2001.

 


Fonte: Dott. Avv. Renzo Cavadi - Funzionario direttivo Ministero dell'Istruzione - Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, in collaborazione con la Dott.ssa Arch. Gabriella Di Filippo