Decreto Dignità: contratti a termine ci saranno novità. Il decreto, che dovrebbe essere pronto entro la prossima settimana, dichiara guerra al precariato.
La stretta normativa sui contratti a termine del Decreto dignità: il boom di questi contratti di lavoro è dovuto a cause fondamentalmente di natura macro-economica. Ciò nonostante sussistono regole complesse, rese ancor più “impraticabili” dall’intervento della contrattazione collettiva.
Negli ultimi anni stiamo notando una crescita progressiva ed inarrestabile di questa tipologia di contratti. Si è passati dai poco più di 4milioni di contratti a termine nel 2015 ai 5milioni e 500mila del 2017. Dunque nel Decreto Dignità sui contratti a termine ci saranno novità, bisogna capire in quale modalità avverranno i cambiamenti.
Per una panoramica sul Decreto Dignità potete leggere questo approfondimento.
Patto di non concorrenza: di cosa si tratta?
La situazione attuale
Il contratto a termine può avere una durata massima di 36 mesi, comprensivi di eventuali proroghe. Dopo la scadenza del termine originario o validamente prorogato, o dopo il periodo di durata massima complessiva di 36 mesi, il lavoro può proseguire di fatto:
- per 30 giorni (se il contratto ha una durata inferiore a 6 mesi)
- per 50 giorni (se il contratto ha una durata maggiore di 6 mesi)
Allo stato attuale, se il rapporto a termine cessa e se ne intende stipulare un altro, infatti, è necessario che trascorra un lasso di tempo tra il primo e il secondo contratto, il cosiddetto periodo cuscinetto, pari a:
- 10 giorni, se la durata del primo contratto è inferiore ai 6 mesi;
- 20 giorni, se la durata del primo contratto è superiore ai 6 mesi.
Cosa cambierà con il Decreto Dignità sui contratti a termine?
Con il decreto dignità le proroghe passano da 5 a 4 e la reintroduzione delle causali dal primo rinnovo senza periodo transitorio. Tra le novità in programma anche l’introduzione di garanzie per le nuove categorie di lavoratori e lo stop alla pubblicità per il gioco d’azzardo.
Dal lato del lavoro, i punti cruciali saranno, comunque:
- intervenire in modo radicale sulle regole del mercato del lavoro precario fortemente penalizzato dal Jobs Act di Renzi;
- abolire per le imprese, lo spesometro che sarebbe già dovuto andar via dal 2019 per effetto dell’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica tra privati, il redditometro, gli studi di settore e con molta probabilità anche lo split payment, ossia, il meccanismo di inversione contabile IVA;
- disincentivate le imprese che delocalizzano le proprie attività produttive al di fuori dell’Italia.
Limature
Tuttavia, il pacchetto lavoro continua a essere limato mentre si valuta la ‘sostenibilità’ delle norme fiscali. una marcia indietro sull’abolizione dello staff leasing, ovvero la possibilità che aziende assumano persone a tempo indeterminato per poterle poi ‘girare’ ai propri clienti attraverso contratti di somministrazione. Le norme sulla somministrazione saranno stralciate e demandate al Parlamento, insieme ai voucher.