Ecco un approfondimento relativo a tutte le novità che entreranno a breve in vigore in materia di giustizia: scopriamo nel dettaglio come cambia la Riforma Cartabia con il nuovo decreto correttivo.
Il 26 novembre 2024 entrerà in vigore il d.lgs. 164/2024, che apporta alcuni correttivi alla Riforma Cartabia. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’11 novembre 2024, il decreto si compone di 8 articoli e avrà applicazione sui procedimenti avviati dopo il 28 febbraio 2023. Sebbene non modifichi radicalmente la riforma, il decreto mira a ottimizzare l’efficacia del processo civile, intervenendo sulle criticità emerse nei primi anni di applicazione, rendendo così il sistema più efficiente.
- Le novità del decreto correttivo alla Riforma Cartabia
- Semplificazione e digitalizzazione dei procedimenti
- Verifiche preliminari e procedura semplificata
- Riforma del rito semplificato e del recupero crediti
- Modifiche alle procedure esecutive e al pignoramento
- Notifiche tramite PEC
- Modifiche relative alla famiglia e alla procura in cassazione
- Scelta tra udienza e trattazione scritta
- Modifiche alla mediazione obbligatoria e facoltativa
Le novità del decreto correttivo alla Riforma Cartabia
Vediamo nel dettaglio le modifiche apportate dal decreto.
- l’art. 2 apporta una modifica all’art. 38 delle disposizioni attuative del codice civile, intervenendo sulla competenza dei procedimenti riguardanti la famiglia, in particolare quelli che trattano l’irrogazione di sanzioni in caso di violazioni o inadempienze, per rendere il richiamo a tali procedimenti più specifico e mirato;
- l’art. 3 rivede il Codice di procedura civile per adeguarlo al processo telematico e per integrare i cambiamenti normativi intervenuti nel frattempo. In questo contesto, vengono introdotte disposizioni destinate a risolvere dubbi interpretativi e norme di coordinamento;
- l’art. 4 modifica le disposizioni per l’attuazione del Codice di procedura civile e stabilisce norme transitorie;
- l’art. 5 interviene a livello normativo sull’art. 387-bis c.p., in materia di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
- l’art. 6 introduce modifiche ad alcune leggi speciali;
- l’art. 7 stabilisce disposizioni transitorie, specificando che le disposizioni del decreto si applicheranno ai procedimenti iniziati dopo il 28 febbraio 2023.
Semplificazione e digitalizzazione dei procedimenti
Il decreto prevede una serie di modifiche finalizzate a semplificare gli adempimenti burocratici e a rendere il processo più digitale e snello, riducendo alcuni oneri che gravano su parti e cancellerie L’introduzione di nuove modalità di gestione degli atti processuali, tra cui l’eliminazione della necessità di redigere e depositare la nota di iscrizione a ruolo, ha l’obiettivo di ridurre il ricorso alla documentazione cartacea e di ottimizzare la gestione del processo attraverso la generazione automatica di file XML integrati nei fascicoli digitali.
La Posta Elettronica Certificata (PEC) diventa lo strumento principale per le notifiche, stabilendo la trasmissione elettronica tramite PEC delle comunicazioni e notifiche (art. 136 c.p.c.). Viene altresì eliminato l’obbligo delle comunicazioni cartacee, riducendo così i tempi di consegna.
L’ufficiale giudiziario, inoltre, potrà inviare un duplicato informatico dell’atto tramite PEC, garantendo maggiore efficienza e minori possibilità di errore. Gli atti poi potranno indicare un indirizzo PEC o un domicilio digitale per ricevere le notifiche.
Per quanto riguarda la sentenza, questa dovrà essere pubblicata tramite deposito telematico e il cancelliere sarà tenuto a informare le parti attraverso PEC, senza che questo comporti il decorso del termine per l’impugnazione (art. 133 c.p.c.).
Verifiche preliminari e procedura semplificata
Una delle modifiche più significative riguarda le verifiche preliminari sul contraddittorio, per cui il giudice, ai sensi del riformato art. 171 bis c.p.c, è obbligato a effettuare autonomamente le verifiche preliminari sulla regolarità del contraddittorio, entro 15 giorni dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto. Questa disposizione ripristina la procedura di verifica prevista dall’art. 183 del Codice di procedura civile ante riforma, dove il giudice doveva accertare che il contraddittorio fosse regolarmente instaurato. Solo successivamente, qualora il contraddittorio fosse stato regolarmente instaurato, il giudice poteva sottoporre alle parti eventuali questioni rilevabili d’ufficio che reputava necessarie.
Nel caso di vizi nei documenti iniziali o necessità di provvedimenti integrativi, l’udienza di prima comparizione sarà rinviata per consentire alle parti di integrare gli atti, con nuove verifiche preliminari almeno 55 giorni prima dell’udienza. Il rito semplificato sarà ora convertito già durante le verifiche preliminari e non più solo alla prima udienza.
Riforma del rito semplificato e del recupero crediti
Il decreto apporta anche modifiche al rito semplificato, in particolare per i procedimenti che non soddisfano i requisiti di complessità, ma che comunque richiedono una procedura più snella per evitare ritardi e velocizzare le decisioni. In particolare, il decreto modifica l’art. 281 decies c.p.c., estendendo il rito semplificato anche alle cause davanti al Tribunale in composizione monocratica, senza dover soddisfare i presupposti precedenti come la causa non controversa o l’istruttoria semplice. Inoltre, viene esteso il rito semplificato anche alle cause di opposizione a precetto e a quelle esecutive previste dagli artt. 615, 617 e 645 c.p.c.
Inoltre, la possibilità di passare dal rito ordinario a quello semplificato è anticipata alle verifiche preliminari. Ciò permette al giudice di scegliere immediatamente il rito più veloce qualora la causa sembri risolvibile in tempi brevi, evitando di dover attendere il deposito delle memorie delle parti.
Inoltre, in tema di recupero crediti, il decreto modifica l’art. 634 c.p.c., introducendo la possibilità di utilizzare, come prova per il decreto ingiuntivo, anche le scritture contabili elettroniche, a condizione che siano conformi alla legge, nonché le fatture elettroniche, trasmesse attraverso il sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate, semplificando così il procedimento.
Modifiche alle procedure esecutive e al pignoramento
Il decreto rivede anche le procedure esecutive e introduce l’uso esclusivo della PEC per le comunicazioni tra i creditori, inclusi quelli intervenuti e per la trasmissione degli atti. È previsto che i titoli esecutivi possano essere rilasciati anche in formato digitale, con lo stesso valore legale della copia cartacea.
Inoltre, è stata semplificata la gestione del pignoramento presso terzi, riducendone le formalità. L’avviso di iscrizione a ruolo non deve più essere notificato al debitore esecutato, mentre la modifica del titolo esecutivo avviene in maniera semplificata. La nuova normativa mira a rendere più celere l’intero processo di esecuzione forzata, favorendo l’informazione tempestiva e il pignoramento presso terzi attraverso modalità più efficienti.
Inoltre, il terzo che intende pagare prima della scadenza della notifica di iscrizione a ruolo, ha la possibilità di farlo, riducendo i tempi di risposta e accelerando il processo esecutivo.
Le nuove disposizioni si applicano anche ai titoli esecutivi emessi dopo il 28 febbraio 2023 e agli atti di intervento nella procedura esecutiva depositati successivamente a questa data.
Il titolo esecutivo può ora essere rilasciato come duplicato informatico, oltre che come copia conforme all’originale. Se il duplicato informatico è prodotto secondo le linee guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), avrà lo stesso valore legale del documento originale. Pertanto, anche per la notifica del titolo esecutivo, la consegna del duplicato informatico è considerata equivalente alla consegna della copia conforme all’originale.
Inoltre, nelle operazioni di vendita su delega del tribunale, il giudice ha la possibilità di nominare un professionista iscritto in un elenco di un altro circondario senza dover giustificare la scelta. Questa modifica semplifica le operazioni di vendita e consente una maggiore flessibilità nelle nomine professionali.
Anche il processo esecutivo e le notifiche ai creditori, inclusi quelli intervenuti, seguiranno nuove modalità, utilizzando esclusivamente la PEC per la trasmissione degli atti e la comunicazione delle modifiche relative alla procedura.
Notifiche tramite PEC
Inoltre, il decreto riformula l’art. 149 bis c.p.c., prevedendo una nuova regolamentazione delle notifiche tramite PEC, introducendo nuove modalità per l’invio e il perfezionamento delle notifiche da parte degli ufficiali giudiziari. La notifica si considera perfezionata quando il destinatario riceve l’atto nella sua casella PEC, e in caso di fallimento della notifica, essa proseguirà secondo modalità tradizionali o verrà depositata in un’area web apposita.
Le notifiche tramite PEC consentono all’ufficiale giudiziario di inviare, oltre alla copia firmata digitalmente dell’atto, anche il duplicato informatico dello stesso atto all’indirizzo PEC del destinatario dell’atto (co. 2 art. 149 bis c.p.c.). L’indirizzo PEC può essere reperito tramite elenchi pubblici o comunque accessibili dalle pubbliche amministrazioni.
Il perfezionamento della notifica avviene nel momento in cui il documento informatico viene consegnato all’ufficiale giudiziario. Per il destinatario, la notifica si considera perfezionata quando l’atto viene reso disponibile nella sua casella PEC (co. 3 art. 149 bis c.p.c.).
In caso di fallimento della notifica (co. 7 art. 149 bis c.p.c.), le responsabilità sono attribuite a chi ha causato l’insuccesso. Se la causa non è imputabile al destinatario, la notifica continuerà secondo modalità tradizionali.
Se la casella PEC del destinatario è piena o inattiva e la notifica non va a buon fine, l’atto verrà depositato dall’ufficiale giudiziario in un’area web apposita sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia. In caso di costituzione personale, le notifiche dovranno essere inviate all’indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi o dal domicilio digitale indicato dalla parte. Se tali indirizzi non sono disponibili, la notifica sarà inviata alla residenza dichiarata.
Modifiche relative alla famiglia e alla procura in cassazione
Il decreto interviene anche in ambito familiare, prevedendo l’obbligo del pubblico ministero di intervenire nelle cause relative all’affidamento dei minori.
Il decreto inoltre dispone che l’impugnazione della sentenza non può più essere notificata agli eredi del defunto tramite PEC o domicilio digitale speciale del de cuius, poiché i familiari non
hanno accesso a questi strumenti e non possono, pertanto, prendere visione dell’atto notificato.
In tema di minori, l’opposizione contro i provvedimenti relativi all’affidamento o alla responsabilità genitoriale deve essere presentata entro dieci giorni dalla decisione, analogamente a quanto previsto per il reclamo contro provvedimenti temporanei e urgenti.
Il pubblico ministero è obbligato a intervenire, a pena di nullità, nelle cause che riguardano l’affidamento dei minori, rafforzando la tutela del diritto dei minori nelle cause familiari.
Infine, la normativa sulla violenza domestica (art. 473-bis.71 c.p.c.) è stata estesa per includere anche la violenza tra altri membri della famiglia, senza specificare se conviventi o meno.
Per quanto riguarda la Cassazione, il decreto modifica l’art. 380-bis c.p.c., rendendo non più necessaria una nuova procura speciale per il difensore che chiede una decisione sul ricorso, quando la proposta di definizione riguarda l’inammissibilità, l’improcedibilità o la manifesta infondatezza. Inoltre, è stata eliminata la firma dell’estensore per le ordinanze e i decreti, sia della Corte Suprema che dei giudici di merito, rendendo il processo più snello.
Scelta tra udienza e trattazione scritta
In alcune circostanze, l’udienza diventa necessaria al fine di formare il libero convincimento del giudice, esercitare appieno il diritto di difesa delle parti o per tentare di risolvere la causa mediante un accordo conciliativo. Il giudice ha la facoltà di disporre la presenza fisica delle parti e, qualora ritenga che l’udienza sia fondamentale, di procedere con essa.
L’udienza è pubblica e viene dichiarata nulla se non è aperta al pubblico, salvo nel caso di una sostituzione con trattazione scritta. La trattazione scritta è prevista solo se le parti non intendono presentare oralmente le proprie argomentazioni, ma se anche una sola delle parti si oppone, il giudice è obbligato a revocare il provvedimento e a disporre la celebrazione dell’udienza pubblica.
In relazione alle udienze telematiche, sono stati aggiunti chiarimenti che rendono più sicura la partecipazione dei soggetti coinvolti: parti, avvocati e giudici. Viene escluso esplicitamente che le udienze per la comparizione delle parti possano svolgersi tramite trattazione scritta o videoconferenza (art. 183 c.p.c.), mentre viene confermata la possibilità di svolgere le discussioni pubbliche in modalità scritta, riducendo significativamente la trasparenza delle udienze nella società.
È stato inoltre aggiornato l’art. 257-bis c.p.c., che regola la testimonianza scritta, per permettere al testimone di presentare una testimonianza informatica con firma digitale.
Modifiche alla mediazione obbligatoria e facoltativa
Alla mediazione obbligatoria viene aggiunta la procedura alternativa prevista dalla legge istitutiva dell’AGCOM.
Il termine ultimo per l’ordinanza di mediazione non sarà la precisazione delle conclusioni, ma il momento in cui si fissa l’udienza di rimessione della causa in decisione.
La durata della mediazione sarà di sei mesi, con possibilità di proroga da parte delle parti qualora la mediazione avvenga prima dell’avvio del processo. Per quella demandata, in corso di processo, la durata di sei mesi potrà essere prorogata solo una volta.
Non sarà necessaria l’autentica di firma nella procura per la mediazione, se la parte non è presente, ma dovrà comunque essere rilasciata per iscritto, fatta eccezione per i casi in cui il rappresentante debba firmare accordi che riguardano atti di cui all’art. 2643 c.c.
Viene ripristinata la formula pre-riforma Cartabia, per cui, nel caso in cui il tentativo di mediazione fallisca, la domanda giudiziale potrà essere presentata nel termine di decadenza che parte dal deposito del verbale negativo (art. 11, c. 4-bis, D. Lgs n. 28/2010).
Nell’art. 5, c. 2 del D. Lgs n. 28/2010, si specifica che la condizione di procedibilità riguarda esclusivamente la domanda introduttiva, seguendo la decisione della Corte di Cassazione (provvedimento n. 3452/2024), che aveva escluso la sua applicazione alla domanda riconvenzionale.