Nell’ipotesi di pagamento tardivo di ritenute assistenziali e previdenziali il datore di lavoro perde il diritto alla rivalsa nei confronti del lavoratore per la quota gravante su quest’ultimo. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 18027/2014.

Una lavoratrice aveva ottenuto il decreto ingiuntivo nei confronti di una società per contributi decurtati alla stessa, in quanto quota a carico del lavoratore a titolo di rivalsa.

Nel prosieguo giudiziario, la Corte territoriale osservava che il diritto alla trattenuta del datore di lavoro a titolo di rivalsa della somma pari alla quota spettante al lavoratore sussisteva solo ove il pagamento dei contributi era tempestivo e non, come nel caso in esame, in cui invece il pagamento era stato tardivo. Doveva, quindi, applicarsi l’art. 23 L. n.218/52 e non l’invocato art. 19 stessa legge che si riferisce alla diversa ipotesi di contributi corrisposti secondo le previste scadenze.

Nell’ipotesi di pagamento tardivo il datore di lavoro perde il diritto alla rivalsa nei confronti del lavoratore. La società ricorreva per cassazione. Secondo i supremi giudici, il motivo di ricorso è apparso infondato in quanto non sussistono le denunciate violazioni di legge alla luce del consolidato orientamento della stessa Corte secondo il quale “in tema di contributi previdenziali il datore di lavoro che non abbia provveduto ai versamenti dovuti nei termini di legge resta obbligato ai sensi dell’art. 23 della legge n. 218/1952, in via esclusiva per l’adempimento, con esclusione del diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore per la quota a carico di quest’ultimo e ciò anche nell’ipotesi in cui l’inadempimento sia conseguenza della nullità del termine di durata apposto al contratto di lavoro, non potendosi ravvisare, in tale situazione, una impossibilità della prestazione derivante da causa oggettiva non imputabile al datore di lavoro” (cass. n. 6448/2009; cfr. anche cass. n. 3782/2008 e da ultimo cass. n. 15349/2012; cass. n. 23181/2013).

La disposizione di cui all’art. 23 prevale su quella di cui all’art. 2155 c.c. trattandosi di una disciplina a carattere speciale che regola in specifico la questione del diritto di rivalsa del datore di lavoro in caso di tardivo adempimento. Non sussiste peraltro neppure l’allegata carenza motivazionale della sentenza impugnata che appare congrua, logicamente coerente e conforme alla ricordata giurisprudenza di legittimità. Né è conseguito il rigetto del ricorso.

FONTE: ANCL – Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, Sindacato Unitario

AUTORE: Renzo La Costa

 

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