criterio massimo ribassoCriterio del massimo ribasso: quando dev’essere fornita la motivazione sul suo utilizzo? E’ immediatamente impugnabile?


In relazione alla scelta della metodologia di aggiudicazione del prezzo più basso va precisato che dev’essere offerta motivazione con carattere di “esaustiva concludenza argomentativa” già nella lex specialis di gara, e non può essere ostesa successivamente od a fronte di specifica richiesta avanzata alla Stazione Appaltante da un concorrente. In proposito, le Linee Guida n. 2 di ANAC, di cui alla Delibera 21 settembre 2016 n. 1005, stabiliscono che “Poiché si tratta di una deroga al principio generale dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti che intendono procedere all’aggiudicazione utilizzando il criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 5, devono dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta (si pensi all’utilizzo di criteri di efficacia nel caso di approccio costo/efficacia anche con riferimento al costo del ciclo di vita).

 

Nella motivazione le stazioni appaltanti, oltre ad argomentare sul ricorrere degli elementi alla base della deroga, devono dimostrare che attraverso il ricorso al minor prezzo non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore, poiché ad esempio si sono considerate come standardizzate le caratteristiche del prodotto offerto dal singolo fornitore e non dall’insieme delle imprese presenti sul mercato”.

 

Relativamente all’ammissibilità dell’immediata impugnazione avverso il bando che contenga tale criterio,  in attesa della pronuncia dell’Adunanza Plenaria sul punto, le chiavi ermeneutiche sarebbero rinvenibili nelle considerazioni espresse da Consiglio di Stato, sez. III, 2 maggio 2017 n. 2014, secondo cui:

 

– nel dare atto che, “la Plenaria n. 1/2003 è perentoria con specifico riguardo ai criteri di aggiudicazione, affermando che: “Non può essere condiviso quell’indirizzo interpretativo che è volto ad estendere l’onere di impugnazione alle prescrizioni del bando che condizionano, anche indirettamente, la formulazione dell’offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara e la valutazione dell’anomalia. Anche con riferimento a tali clausole, infatti, l’effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l’esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell’offerta. L’effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l’astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l’interessato: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala”;

 

– ha tuttavia rilevato che “la conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria è evidentemente influenzata dalla qualificazione dell’interesse sostanziale di base della cui tutela trattasi, quale interesse all’aggiudicazione”, in quanto la “condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara “può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo; dall’altra non appare configurabile un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto”.

 

– ma ha ritenuto di valorizzare – ed è questo elemento di dirimente rilievo ai fini della delibazione della questione all’esame – la “teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua conseguente tutela”, che, “in quanto diritto vivente necessita di interpretazione evolutiva idonea a conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive”.

 

Nel dare atto dell’introduzione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla procedura di gara (ex art. 120 c.p.a., così come modificato dall’art. 204, comma 1, lett. b del nuovo Codice Appalti, la sentenza in rassegna ha rilevato che:

 

– “a fronte di un sistema che in precedenza precludeva l’impugnazione delle ammissioni, sull’implicito e pacifico presupposto che concorrente avesse in interesse concreto ed attuale a contestare l’ammissione altrui solo all’esito della procedura selettiva”

 

– è, ora, “previsto l’onere di impugnazione immediata, con ciò dando evidentemente sostanza e tutela ad un interesse al corretto svolgimento della gara, scisso ed autonomo, sebbene strumentale, rispetto a quello all’aggiudicazione”.

 

Se, sulla base del percorso logico come sopra riportato, la valorizzazione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio con riferimento alla scelta della metodologia di aggiudicazione assume attualizzata e maggiormente pregnante valenza rispetto al più “tradizionale” orientamento che ne differiva la tutelabilità al momento dell’emersione di un pregiudizio rappresentato dall’esito infausto (per la ricorrente) della procedura di gara, la citata sentenza 2014/2017 ha – ancora una volta, con peculiare rilevanza rispetto alla controversia sottoposta all’esame di questo Collegio – posto in luce che:

 

– a fronte della “creazione di una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l’offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso”, per come introdotta dall’art. 95 del D.Lgs. 50/2016 (laddove nell’art. 83 del precedente D.Lgs. 163/2006 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro), sì che “i criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta”, ma “garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, imponendo l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione

 

– tali “elementi … profilano una nozione di “bene della vita” meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all’aggiudicazione, che sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa, è nondimeno comprensiva del “diritto” dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonché a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante (se isolatamente considerata) prospettiva dello “sconto”.

 

Può, quindi, senz’altro convenirsi che

 

– la presenza di “elementi fisiologicamente disciplinati dal bando o dagli altri atti di avvio della procedura, che assumono rilievo sia nell’ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell’interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi, così assicurando, nella logica propria dell’interesse legittimo … la protezione di un bene della vita che è quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo; un bene, cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto all’interesse finale all’aggiudicazione”

 

– conduce ad affermare la sussistenza di un vero e proprio “onere dell’immediata impugnazione dell’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso”, a fronte della sussistenza di tutti i rilevanti presupposti, quali integrati dalla “posizione giuridica legittimante avente a base, quale interesse sostanziale, la competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo”, dalla “lesione attuale e concreta, generata dalla previsione del massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge”, nonché dall’interesse “a ricorrere in relazione all’utilità concretamente ritraibile da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale criterio “ordinario” e generale.

 

Una diversa soluzione – più aderente alla lettera che alla ratio dell’Adunanza Plenaria del 2003 – finirebbe “per svilire e depotenziare” – come ulteriormente soggiunto dalla pronunzia di che trattasi – “le due architravi del nuovo impianto normativo:

 

a) da un lato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – assunto da legislatore ad elemento di rilancio di una discrezionalità “sana e vigilata” da porre a disposizione di amministrazioni qualificate sì da renderle capaci di selezionare le offerte con razionalità ed attenzione ai profili qualitativi – sarebbe destinato a rimanere privo di garanzie di effettività, posto che, la sua correzione si avrebbe solo all’esito della procedura concorsuale e della sua appendice giurisdizionale, in presenza di un operatore (quello offerente il massimo ribasso) in capo al quale si sono tra l’altro già ingenerate aspettative;

 

b) dall’altro sarebbe irragionevolmente derogata la logica bifasica (ammissioni/esclusioni prima fase; aggiudicazione seconda fase) che ha caratterizzato il nuovo approccio processuale in tema di tutela, poiché è evidente che l’illegittimità del bando, sub specie del criterio di aggiudicazione, è un prius logico giuridico rispetto alle ammissioni, condizionandole e rendendole illegittime in via derivata”, con il risultato che “l’intento di affrancare il contenzioso sull’aggiudicazione da tutte le questioni sollevabili in via incidentale dal controinteressato (e fra queste anche quelle relative all’illegittimità del bando, strumentali all’utilitas della riedizione della gara) che ha ispirato la formulazione delle nuove norme processuali, risulterebbe tradito proprio in relazione ad aspetti basilari della prima fase” (così TAR Brescia, 18.12.2017 n.  1449).