Copiare nei concorsi pubblici non è sicuramente una buona idea, soprattutto perché si può incorrere in pene molto severe. Vediamo cosa dice la legge.
Certamente i concorsi possono essere estenuanti, dal punto di vista dello studio, ma copiare nei concorsi pubblici non è mai una buona idea, sia moralmente che a livello legale.
Copiare in una selezione ufficiale può portare a gravi sanzioni e pene, fino al carcere, poiché si tratta di un violazione della pubblica fede, che comprende sia chi copia e sia i suoi complici.
Vediamo cosa dice la legge al riguardo.
Copiare nei concorsi pubblici: cosa si rischia a livello legale
Come già detto, copiare nei concorsi pubblici non è sicuramente una buona idea, né un buono modo per passare la selezione, nonostante la mole di studio possa spaventare anche i candidati più diligenti.
La legge a cui a fare riferimento è la n.475 del 1925, che prevede il rischio di una pena di reclusione da 3 mesi ad un anno; una pena confermata anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n.18826/2011).
L’articolo afferma:
“chiunque in esami o concorsi prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni tipo di altro titolo accademico o scolastico, per l’abilitazione all’insegnamento o all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti presenta come proprie dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e in genere lavori che siano opera di altri è punito con la reclusione da tre mesi a un anno. La pena non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito”.
La legge in merito tutela la fede pubblica, la genuinità delle prove e il principio di merito che deve esserci nei concorsi pubblici.
Ovviamente la modalità con cui il candidato copia non cambia la situazione né la pena. Quindi sono comprese tutte le modalità di copiatura: l’uso del cellulare o di qualsiasi altro device elettronico (che, ricordiamo, è vietato introdurre in modalità attiva all’interno delle sedi dei concorsi), l’uso di fogli o appunti oppure copiando dal test di un altro candidato.
Inoltre, la legge in questione è applicabile per ogni tipo di concorso: concorsi per un posto di lavoro, per abilitazione professionale e anche gli esami di laurea.
Copiare nei concorsi pubblici: qual è il rischio per i complici?
Anche i complici nell’atto di copiatura possono rischiare delle sanzioni.
Chiunque aiuti un candidato a copiare è complice di reato, che sia un candidato o addirittura un membro della commissione.
Se un individuo si accorge che un candidato sta copiando durante lo svolgimento della prova o che veda delle irregolarità durante il momento della correzione, deve assolutamente avvertire i commissari e sporgere denuncia verso il soggetto. In caso non lo facesse, può essere denunciato per delitto di omessa di denuncia di reato e rischiare una multa fino a 500 euro (la legge a cui facciamo riferimento è nell’art.361 del Codice Penale).
Se, invece, è il commissario ad accorgersi della copia, durante la correzione dell’elaborato e non denuncia, può essere perseguito per abuso di ufficio (ex art. 323 del Codice Penale).
Copiare nei concorsi pubblici: cosa succede con il superamento di prove mai avvenute
Purtroppo, non sono rari i casi di raccomandazioni nell’ambito dei concorsi pubblici. Nonostante i controlli stretti fatti ogni volta, è possibile incorrere in eventi molto spiacevoli, come il superamento di una prova mai fatta.
La pena è molto grave, perché si tratta di reato di Falsa attestazione (ex art. 495 del Codice Penale). In questo caso, le pene possono essere molto severe e arrivare anche alla reclusione fino a 6 anni.
Concorso pubblico vinto: cosa succede dopo al candidato?
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Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
segnalo on errore di trascrizione:
“chiunque in esami o concorsi prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni tipo di altro titolo accademico o scolastico, per l’abilitazione all’insegnamento o all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti presenta come proprie dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e in genere lavori che( non )siano opera di altri è punito con la reclusione da tre mesi a un anno. La pena non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito”.
Gentile lettore, la ringraziamo, abbiamo appena corretto
Cordiali saluti
Redazione lentepubblica.it
“presenta come proprie… in genere lavori che siano opera di altri..”. Non va il non!