Con la sentenza 3653/2015, la Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi in merito alla possibilità, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di disconoscere l’applicazione del regime agevolativo dettato per le società cooperative (articoli 11 e 14 del Dpr n. 601/1973), in presenza di dati concreti idonei a dimostrare che la veste mutualistica assunta dalla società consiste in una mera copertura di una normale attività imprenditoriale.
In proposito, la Corte ricorda, in primo luogo, che il combinato disposto degli articoli 11 e 14 del Dpr n. 601/1973 e dell’articolo 12 della legge n. 904/1977, dispone che le cooperative di produzione e lavoro sono fiscalmente esentate non in ragione della loro natura giuridica soggettiva, ma in funzione dell’attività svolta in concreto e in presenza di determinate tipicità richieste dalle norme. In sostanza, come ricordato in altre occasioni dalla medesima Corte, affinché una cooperativa possa fruire del regime agevolativo, non è sufficiente che ricorrano i requisiti mutualistici con riguardo all’organizzazione e agli scopi risultanti dallo statuto, dovendo essi risultare anche con riferimento all’attività in concreto svolta (Cassazione 30 ottobre 2009, n. 23002).
Tali consolidati principi escludono che la mera regolamentazione statutaria e la conseguita registrazione prefettizia ostino all’azione accertativa svolta dal Fisco. Spetta, infatti, all’Amministrazione finanziaria un potere-dovere di vigilanza e controllo in merito alla sussistenza in concreto di detti requisiti, con riferimento ai singoli anni d’imposta (Cassazione 11 aprile 2011, n. 8140, e 20 giugno 2005, n. 13280).
Tale accertamento, inoltre, secondo la suprema Corte, va effettuato anche attraverso i seguenti vincolanti criteri interpretativi dettati dalla Corte di giustizia:
– le esenzioni fiscali concesse alle società cooperative di produzione e lavoro, in forza di una normativa nazionale del tipo di quella di cui all’articolo 11 del Dpr n. 601/1973, costituiscono aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, n. 1, del trattato Ce, nel caso in cui tutte le condizioni di applicazione di tale disposizione siano soddisfatte
– spetta al giudice nazionale valutare il carattere selettivo di dette agevolazioni, nonché la loro eventuale giustificazione alla luce del sistema tributario interno, stabilendo se le società cooperative si trovino o meno in una situazione analoga a quella di altri operatori costituiti in forma di società con scopo di lucro e, in tal caso, se l’agevolazione riconosciuta a detti soggetti sia inerente i principi fondamentali che regolano l’ordinamento nazionale e conforme ai principi di coerenza e proporzionalità.
Secondo la Corte del Lussemburgo, inoltre, le cooperative che realmente perseguono una finalità mutualistica sono solo quelle che operano “nell’interesse economico dei loro soci o intrattengono con questi ultimi una relazione non puramente commerciale, bensì personale particolare, in cui essi siano attivamente partecipi e abbiano diritto ad un’equa ripartizione dei risultati economici” (Corte di giustizia Ue, 8 settembre 2011, procedimenti riuniti da C 78/08 a C 80/08).
Richiamati tali principi, con riferimento alla fattispecie sub iudice, la suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo che il giudice a quo non avesse adeguatamente valutato i dati fattuali sottoposti alla sua attenzione, fra cui: l’oggetto sociale eterogeneo, le plurime partecipazioni dei soci in altre cooperative, il rilevante utilizzo di personale dipendente non socio e di prestazioni rese da cooperative terze, il ricorso al subappalto, la notevole entità degli utili di esercizio, il possesso di partecipazioni in imprese controllate o collegate anche estere, l’effettuazione di cospicui investimenti immobiliari e le notevoli spese pubblicitarie sostenute.
Secondo la Cassazione, infatti, la Commissione tributaria regionale nel pronunciare la sentenza impugnata, aveva basato la propria analisi unicamente sulla verifica della sussistenza dei caratteri astrattamente tipici della cooperativa, senza tuttavia verificare se la cooperativa contribuente si trovava effettivamente a operare in situazioni di fatto e di diritto diverse da quelle proprie delle società commerciali e, quindi, a operare nell’interesse economico dei suoi soci, intrattenendo con questi ultimi una relazione non puramente commerciale, bensì personale e particolare in cui essi fossero effettivamente partecipi e avessero diritto a un’equa ripartizione dei risultati economici.