Oggi gli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil daranno il via libera alla proposta unitaria per riformare il modello contrattuale. Il premier ammonisce: “o le parti sociali fanno gli accordi o ci pensiamo noi. E’ tempo di mettere fine a continui rinvii”.
Il via libera alla proposta dei sindacati per riformare il modello contrattuale arriverà oggiì dagli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil. Da lì partirà la strada del confronto con l’obiettivo di arrivare ad un accordo con le associazioni delle imprese, a cui il documento sarà presentato. Il percorso non è privo di insidie. E su di esso pende la spada di Damocle di un intervento legislativo da parte del governo, sul salario minimo legale e sulla rappresentanza.
“O le parti sociali fanno gli accordi o ci pensiamo noi. E’ tempo di mettere fine a continui rinvii”, è tornato a sollecitare il premier Matteo Renzi. Che è tornato anche sul ruolo dei sindacati, “grande istituzione democratica”, ha premesso, ma “ce ne sono tantissimi, forse troppi”. Il governo, con il Jobs act, ha portato in porto tutti i punti della delega sul lavoro, tranne quello sul salario minimo legale, lasciando alle parti il tempo (ragionevole, ha sempre detto) e l’autonomia di trovare un’intesa (l’assetto della contrattazione, compresa la partecipazione e la rappresentanza, è materia loro, come rivendicato più volte dalle stesse).Intanto Cgil, Cisl e Uil hanno raggiunto un primo risultato, quello di arrivare a definire una proposta unitaria.
La proposta, 17 pagine dal titolo “Un moderno sistema di relazioni industriali”, si basa su tre pilastri: contrattazione, partecipazione e regole (e cioè la rappresentanza con il consolidamento delle norme varate con il Testo unico del 10 gennaio 2014 dai sindacati con Confindustria e poi con i successivi accordi con Confservizi, Alleanza delle cooperative e Confcommercio). Quanto alla contrattazione, si confermano i due livelli con la centralità del contratto nazionale; gli aumenti salariali vengono legati non più (solo) all’inflazione ma a “dinamiche macroeconomiche” e si punta non soltanto alla difesa del potere d’ acquisto ma al suo incremento, oltre che ad implementare la contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale) e la produttività.
Obiettivo è la rappresentanza e la tutela di tutte le forme contrattuali; allo stesso tempo si dice di diminuire il numero dei contratti nazionali (la cui durata potrebbe salire a quattro anni). Cgil, Cisl e Uil chiedono “l’esigibilità universale” dei minimi salariali definiti dai contratti nazionali, “in alternativa all’ipotesi del salario minimo legale”, che “va sancita attraverso un intervento legislativo di sostegno, che definisca l’erga omnes dei Ccnl”, dando attuazione a quanto previsto dall’articolo 39 della Costituzione.
Così come, richiamando un altro articolo della Carta (l’articolo 46), puntano sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese (la partecipazione alla governance, nei consigli di sorveglianza nel modello duale; quella organizzativa ed economico-finanziaria). Per la rappresentanza i sindacati, chiedendo che la misurazione della rappresentatività venga estesa anche alle associazioni d’impresa, rimarcano che “un eventuale intervento legislativo non potrebbe che recepire” quanto definito dalle parti sociali.