La “scissione dei pagamenti” aveva determinato problemi di liquidità, solo in parte attenuati dalla possibilità di chiedere il rimborso dell’eccedenza Iva in via prioritaria. La Stabilità 2016 (legge 208/2015) ha modificato l’articolo 17, comma 6, del Dpr 633/1972, aggiungendovi la lettera a-quater), a mente della quale il regime Iva del reverse charge (o dell’inversione contabile) si applica anche “alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza che, ai sensi delle lettere b), c) ed e) del comma 1 dell’articolo 34 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si è reso aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico al quale il predetto consorzio è tenuto ad emettere fattura ai sensi del comma 1 dell’articolo 17-ter del presente decreto”. Per effetto della modifica legislativa de qua, quindi, il meccanismo dell’inversione contabile viene esteso anche alle prestazioni effettuate dalle imprese consorziate nei confronti dei consorzi, che siano risultati aggiudicatari di commesse nei confronti della pubblica amministrazione (che siano, cioè, fornitori della Pa) e che, per ciò solo, sono tenuti ad applicare l’Iva in regime di split payment.
Come noto, la Stabilità 2015 (legge 190/2014) ha aggiunto al Dpr 633/1972 l’articolo 17-ter, che prevede il meccanismo dello split payment (ovvero della scissione dei pagamenti). Si tratta di una nuova modalità di versamento dell’Iva operante in ordine a determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti della Pa, in base alla quale il cedente/prestatore è tenuto a emettere fattura con addebito dell’imposta, registrare la stessa, senza però computare l’Iva a debito nella liquidazione periodica. Infatti, l’obbligo di versare l’Iva è a carico della Pa committente/cessionaria che, pertanto, effettua una vera e propria “scissione” della somma dovuta al cedente/prestatore, al quale verrà accreditato il solo importo del corrispettivo pattuito, al netto, cioè, dell’Iva indicata in fattura, che la Pa stessa provvederà a versare direttamente all’Erario.
L’applicazione dello split payment nei confronti degli operatori economici organizzati in forma consortile aveva determinato il sorgere di problemi di liquidità per gli stessi, che solo in parte erano stati attenuati dalla possibilità di chiedere il rimborso dell’eccedenza Iva detraibile con periodicità annuale o trimestrale in via prioritaria. Infatti, la scissione dei pagamenti determina, in generale, in capo all’operatore economico che intrattiene rapporti solo con la Pa una condizione di costante credito Iva; condizione ancora più marcata per i consorzi che agiscono in nome proprio e per conto dei consorziati.
Orbene, con la ricordata estensione del regime dell’inversione contabile, il legislatore ha inteso neutralizzare l’indicata situazione di sofferenza di liquidità in capo agli operatori economici organizzati in forma consortile (per un richiamo alle modalità di fatturazione delle prestazioni rese da imprese consorziate a favore della Pa, si veda la risoluzione del 4/8/1987, n. 460437 – Min. Finanze). In particolare, la nuova lettera a-quater) del comma 6, dell’articolo 17, Dpr 633/1972, estende il meccanismo del reverse charge alle prestazioni di servizi effettuate dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di cui fanno parte, nella ipotesi in cui il consorzio medesimo risulti aggiudicatario di una commessa nei confronti di una Pa, a cui lo stesso è tenuto a emettere fattura in regime di split payment. D’altro canto, però, la nuova ipotesi di inversione contabile implica il trasferimento in capo alle imprese consorziate dei relativi adempimenti. Si ricordi, infatti, che in base alla disciplina del reverse charge, una serie di obblighi relativi alle modalità di applicazione e assolvimento dell’imposta, a cui ordinariamente è tenuto il cedente/prestatore, vengono traslati in capo al cessionario/committente.
Dalla lettura della disposizione de qua si evince che la nuova ipotesi di reverse charge trova applicazione esclusivamente in ordine alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza che, ai sensi delle lettere b), c) ed e) del comma 1 dell’articolo 34 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si è reso aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico al quale il predetto consorzio è tenuto ad emettere fattura, secondo il meccanismo dello split payment. Si ricordi, peraltro, che il Dlgs 163/2006 è stato abrogato dal Dlgs 50/2016, che contiene il nuovo Codice dei contratti pubblici. Pertanto, il riferimento alle lettere b), c) ed e) dell’articolo 34 deve intendersi alle medesime lettere dell’articolo 45 del nuovo Codice. Ne consegue che l’ambito soggettivo di applicazione della norma resta il medesimo:
- consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro
- consorzi tra imprese artigiane
- i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili, ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro
- i consorzi ordinari di concorrenti, di cui all’articolo 2602 del codice civile
Quanto all’efficacia temporale della nuova disposizione, l’ultimo periodo della lettera a-quater) del comma 6, dell’articolo 17, dispone che la stessa “è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, dell’autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e successive modificazioni”. Ne consegue che, sebbene già introdotta nel nostro ordinamento, la disposizione de qua non può trovare concreta applicazione fino a quando non interverrà l’autorizzazione del Consiglio Ue. Tale autorizzazione si rende necessaria in quanto il regime Iva del reverse charge rappresenta una deroga all’applicazione del regime ordinario. A livello europeo, la possibilità di derogare al regime Iva ordinario mediante il meccanismo dell’inversione contabile trova il proprio appiglio nelle disposizioni di cui agli articoli 199 e 199-bis della direttiva 2006/112/Ce, che prevedono specifici e differenti regimi autorizzatori.
Tuttavia, qualora gli Stati membri intendano introdurre ipotesi di reverse charge in ordine a ipotesi diverse da quelle indicate nei citati articoli 199 e 199-bis, è necessario richiedere una specifica autorizzazione al Consiglio Ue ex articolo 395 della medesima direttiva. Orbene, dato che l’ipotesi di inversione contabile di cui alla nuova lettera a-quater) del comma 6, articolo 17, Dpr 633/1972, non è riconducibile a nessuna delle ipotesi previste dai ricordati articoli 199 e 199-bis, il legislatore ha previsto l’efficacia differita della norma, che, quindi, sarà pienamente operativa solo quando la richiesta autorizzazione sarà stata rilasciata dal Consiglio dell’Unione europea.