consiglio-dei-ministri-boccia-legge-siciliana-appaltiIl Consiglio dei Ministri ha bocciato, per illegittimità costituzionale, l’art. 4 della L.r. 19 luglio 2019, n. 13 (Collegato al DDL n. 476 ‘Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale 19 luglio 2019, n. 13), pubblicata sul supplemento ordinario n. 1 della G.U.R.S. n. 35 del 26 luglio 2019, che ha modificato le modalità di gara ed i metodi di aggiudicazione dei lavori pubblici.


Il Consiglio dei Ministri boccia la Legge Siciliana sugli Appalti.

L’Assemblea Regionale Sicilia ha fatto un tentativo, in verità con scarse possibilità di successo, di introdurre una disciplina che evitasse ribassi eccessivi, con possibili successivi problemi in sede di realizzazione dell’opera.

Alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia, però, era facile vedere l’illegittimità della norma, che interveniva in una materia di esclusiva competenza statale.

Il giudice delle leggi, infatti, più volte, ha affermato che la normativa del Codice degli appalti, relativa alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione, è strumentale a garantire la tutela della concorrenza, con la conseguenza che anche la Sicilia, nella materia dei lavori pubblici, non può dettare una disciplina suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato.

Il Consiglio dei Ministri boccia la Legge Siciliana sugli Appalti: la Sentenza

Con la sentenza n. 263/2016, la Corte Costituzionale ha asserito che le disposizioni sugli istituti afferenti alle procedure di gara, in difformità dalle previsioni del codice dei contratti pubblici, sono costituzionalmente illegittime per violazione dei limiti statutari, posti al legislatore regionale nella disciplina dei lavori pubblici.

Secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina del Codice degli appalti, relativa alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione, è strumentale a garantire la tutela della concorrenza, con la conseguenza che anche la Sicilia, nella materia dei lavori pubblici, non può dettare una normativa suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato.

Sulla questione del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale (e le Province autonome) in ordine alla disciplina della scelta del contraente nelle procedure ad evidenza pubblica regolate dal codice dei contratti pubblici, la Corte Costituzionale ha sancito che la specialità dello Statuto si deve esercitatare nel rispetto della Costituzione, dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.

Cosa sostiene il Codice degli Appalti?

Le disposizioni del Codice degli appalti, anche se relative ad appalti sotto soglia (sentenze n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e vanno ascritte all’area delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, sicché le autonomie speciali non possono dettare discipline da esse difformi (sentenze n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010).

La legge regionale

L’art. 4 della L.r. n. 13/2019 prevedeva che le stazioni appaltanti dovessero utilizzare il criterio del minor prezzo, per gli appalti di lavoro di importo pari o inferiore alla soglia comunitaria, quando l’affidamento degli stessi avvenisse con procedure ordinarie, sulla base del progetto esecutivo.

La soglia di aggiudicazione si individuerebbe dalla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con accantonamento del 10%, sia delle offerte di maggiore ribasso che di quelle di minor ribasso, indipendentemente dalla presenza di più offerte aventi identico ribasso a cavallo del taglio delle ali.

Se il valore dato dal calcolo del 10 per cento fosse stato con la virgola, tale valore sarebbe stato arrotondato all’unità superiore.

Se la seconda cifra dopo la virgola della somma dei ribassi offerti dei concorrenti, ammessi dopo il taglio delle ali, fosse stato dispari, la media sarebbe stata incrementata percentualmente di un valore pari alla prima cifra dopo la virgola della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi dopo il taglio delle ali.

Qualora la prima cifra dopo la virgola fosse stata uguale a zero, la media si considera invariata.

Inoltre, la gara fosse stata aggiudicata all’offerta che eguaglia tale soglia o che più si fosse avvicinata, per difetto, a quest’ultima. Nel caso in cui la media decrementata fosse risultata inferiore all’offerta di minor ribasso ammessa alla gara, la gara sarebbe stata aggiudicata a quest’ultima.

Le offerte espresse in cifra percentuale di ribasso si ammettono fino a tre cifre decimali, le medie, invece, si troncano alla quarta cifra decimale.

Nel caso di più offerte uguali, si sarebbe proceduto immediatamente al sorteggio. Qualora la stazione appaltante avesse applicato l’esclusione automatica, la stessa avrebbe avuto l’obbligo di ricorrere al metodo di aggiudicazione indicato nell’art. 4 della L.r. n. 13/2019.

E adesso?

La nuova disciplina regionale sarebbe dovuta entrare in vigore a decorrere dal 30 settembre 2019, adesso si attendono le decisioni dell’Assemblea Regionale Sicilia, anche se sembra scontato che, anche in Sicilia, continueranno ad essere applicate le disposizioni del D. Lgs. n. 50/2016 (codice degli appalti).