martello giustizia condanna violenzaVenti mesi di reclusione, senza poter usufruire delle attenuanti generiche nonostante sia incensurato, per l’imputato che palpa il sedere di una donna. Per i giudici – e lo ribadiscono nella sentenza 36103 depositata il 1° settembre – l’atto si configura come “particolarmente odioso”, dal momento che non solo la massiccia presenza di gente intorno, ma anche l’indifferenza generale, avrebbero potuto garantire l’impunità dell’uomo. Dopo la controversa sentenza dei giorni scorsi, che aveva sdoganato la pacca “lesta, se isolata e repentina”, commisurando la gravità dell’atto al lasso di tempo in cui si consuma, la Cassazione opta dunque per il pugno di ferro.

 

Infatti, in precedenza, con la sentenza n. 35473/2016, la Suprema Corte ha introdotto la durata come nuova variabile da tenere in considerazione: se la mano rimane sulla zona un apprezzabile lasso di tempo integra il reato. La qualificazione del reato dipenderebbe, secondo questa sentenza, da diversi fattori ma essenziale sarebbe la durata. L’unica cosa che, secondo la corte, può aiutare a chiarire il termine oltre il quale il molestatore non dovrebbe andare per non incorrere in una denuncia è da misurarsi in una manciata di secondi.

 

Inoltre, anche la leccata repentina sul viso, così come la pacca sul sedere può essere considerata come violenza sessuale. A bollare la condotta come reato è la Cassazione con la sentenza n. 35591/2016.

 

A livello legislativo il riferimento è il seguente:

 

“In tema di violenza sessuale vanno considerati atti sessuali quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona o ad invadere la sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione, sostituzione ingannevole di persona, abuso di inferiorità fisica o psichica, in essi potendosi comprendere anche quelli insidiosi e rapidi, che riguardino zone erogene su persona non consenziente (come, ad es., palpamenti, sfregamenti, baci, tra le molte Cass. 42871/2013).”