appalti_cgilPossono partecipare alle gare pubbliche non solo le imprese che hanno già ottenuto il decreto di ammissione al concordato con continuità aziendale, ma anche quelle che hanno presentato domanda di concordato preventivo con riserva. Così ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza 426/2016. Gli stessi giudici si soffermano, nella stessa pronuncia, sul principio della necessaria corrispondenza tra quota di partecipazione e quota di esecuzione ex art. 37, commi 4 e 13 del Codice dei contratti pubblici.

 

Secondo la giurisprudenza prevalente, il deposito della domanda di concordato preventivo con riserva (c.d. “concordato in bianco”) non comporta il venir meno dei requisiti prescritti dall’art. 38 del Codice dei contratti pubblici . Il richiamato orientamento è del resto coerente le finalità della riforma della L.F. (approvata con il d.l.22 giugno 2012, n. 83 del 2012, conv. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134) che – nell’interesse del mercato e degli stessi creditori – è volta a “guidare l’impresa oltre la crisi”, anche preservando “la capacita dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti”.

 

La disponibilità dei requisiti oggetto di avvalimento, concludono i giudici di secondo grado, deve essere assicurata, senza soluzione di continuità e per tutta la durata dell’appalto, secondo quanto stabilito dall’art.49, comma 2, lett. d) e f), del Codice dei contratti pubblici. Il concordato preventivo è una procedura concorsuale attraverso la quale l’imprenditore cerca di trovare un accordo con i propri creditori per non subire la dichiarazione di fallimento o per cercare di superare la crisi in cui si è venuta a trovare l’impresa . La possibilità di proporre ai creditori un concordato preventivo è infatti riservata all’imprenditore che si trova in stato di crisi, cioè in una situazione di difficoltà economica e finanziaria, o in uno stato di insolvenza, perché non più in grado di soddisfare i propri debiti.