Computo del reddito minimo per il rilascio del permesso di soggiorno. Dall’Agenzia solo un “suggerimento”, trattandosi di valutazioni sulla corretta interpretazione di disposizioni normative di carattere non tributario, ma in materia di immigrazione.
Ai fini del computo del reddito minimo richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo, si potrebbe assumere una nozione di reddito più ampia di quella dettata dall’articolo 8 del Tuir, includendo anche entrate che il legislatore, per ragioni sociali o di tecnica normativa, ha escluso dalla nozione di reddito imponibile (ad esempio, assegni familiari, indennità per disabili).
Trattasi, tuttavia, di valutazioni in ordine alla corretta interpretazione di norme di carattere non tributario, ma in materia di immigrazione, che non competono all’Agenzia delle entrate.
È, in sintesi, il contenuto della risposta n. 4/2019 all’istanza di consulenza giuridica formulata da un ministero, che si rivolge all’Agenzia per una questione concernente la disciplina sull’immigrazione (Dlgs n. 286/1998 – Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero – Tui), in particolare il concetto di reddito cui far riferimento per il calcolo del reddito minimo, la cui disponibilità in capo allo straniero costituisce condizione per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo e per il ricongiungimento familiare.
Infatti, l’articolo 9 del Tui stabilisce che “Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale … può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i familiari…”, mentre l’articolo 29 sul ricongiungimento familiare prevede quale requisito reddituale il possesso di “un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere”.
Nulla osta al lavoro: ecco che cos’è e a cosa serve.
Il quesito
Viene chiesto se nella nozione di reddito da fonte lecita possano essere ricomprese le erogazioni a sostegno del reddito, come gli assegni familiari o le varie indennità legate a situazioni di disabilità, pur se non incluse tra i redditi di cui all’articolo 6 del Tuir.
Una soluzione del genere consentirebbe di “sanare” la condizione di tanti stranieri che, avendo perso il posto di lavoro, non percepiscono reddito, ma godono di forme di sostegno non imponibili.
Il parere dell’Agenzia
Sull’argomento, l’Agenzia si è espressa, con note, già nel 2010, fornendo riscontro a richieste di analoghi chiarimenti sugli importi rilevanti ai fini della verifica del requisito reddituale di cui all’articolo 9 del Tui.
In quella sede, rimettendo comunque all’istante la valutazione in ordine all’interpretazione della normativa in materia di immigrazione, ha ricordato che l’articolo 8 del Tuir qualifica come reddito complessivo quello risultante dalla somma di tutti i redditi posseduti dal contribuente, riconducibili all’articolo 6 dello stesso Testo unico, da assumere al lordo di eventuali oneri deducibili.
Inoltre, l’articolo 3, comma 3, del Tuir, esclude in ogni caso dalla base imponibile: “i redditi esenti dall’imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva… gli assegni familiari e l’assegno per il nucleo familiare…”.
Tuttavia, l’Agenzia ribadisce che anche a tali redditi, benché non ricompresi nel computo dell’imponibile, si potrebbe dare rilevanza in sede di applicazione degli articoli 9 e 29 del Tui. Sulla base di valutazioni che attengono alla corretta applicazione delle norme sull’immigrazione, si potrebbe assumere una nozione di reddito più ampia rispetto a quella dettata dall’articolo 8, ricomprendendovi entrate che, per ragioni sociali o di tecnica normativa, sono state tenute fuori dal reddito imponibile.