Il MEPA si conferma strumento di sicura affidabilità nel clima di generale incertezza sugli acquisti.
Le imprese fornitrici di beni e servizi rivolti alle Pubbliche Amministrazioni Locali e Centrali si trovano ancora una volta disorientati dalla continua applicazione di proroghe all’entrata in vigore di norme pensate per semplificare e centralizzare gli acquisti pubblici.
Questa volta tocca alle centrali uniche di committenza, i cui tempi di entrata in vigore obbligatoria trovano a sorpresa spazio all’interno del disegno di legge della cosiddetta “Buona Scuola”, un emendamento di straordinaria importanza per gli acquisti da parte dell’intera Pubblica Amministrazione, cambiamenti che si riflettono soprattutto sui fornitori della P.A. che operano ormai in un clima di costante incertezza.
Il Comma 167 del maxiemendamento, recita infatti:
All’articolo 23-ter, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, le parole: «1º settembre 2015» sono sostituite dalle seguenti: «1º novembre 2015».
A cosa si riferisce la sopra citata proroga?
La risposta è: all’obbligo della centralizzazione degli acquisti da parte dei Comuni non capoluogo, che vedrebbe lo spostamento dall’attuale data del 1° Settembre 2015 a quella del 1° Novembre 2015. Vale a dire: l’obbligo di acquisizione in forma aggregata di lavori, servizi e forniture subisce un altro rinvio, una misura che tocca da vicino sia i fornitori delle Pubbliche Amministrazioni, sia gli Enti Locali.
Una sorpresa, pertanto per gli enti locali già impegnati nell’organizzazione delle mini-centrali di committenza per dare attuazione al comma 3-bis dell’articolo 33 del codice dei contratti, in vista della scadenza del 1° settembre a suo tempo definita dal Milleproroghe. Questo spostamento, dunque, presupporrebbe uno slittamento di due mesi per la riforma degli appalti.
I fornitori potrebbero riscontrare in questo senso alcune criticità. Le disposizioni richiedono una commistione con le direttive che ad oggi regolano il sistema dei soggetti aggregatori e nella fattispecie con le norme che prevedono obblighi di ricorso agli strumenti elettronici di acquisto. Il ricorso al MEPA e alle piattaforme telematiche per le acquisizioni di beni e di servizi, infatti, potrebbe subire alcune variazioni: il riferimento attuale è infatti la soglia comunitaria di 207.000 euro. Soglia che subirebbe alcuni cambiamenti: le centrali di committenza sub-provinciali dovrebbero gestire per i singoli comuni non capoluogo gli acquisti nella fascia alta di questa soglia (tra i 100.000 e i 207.000 euro) con rilevanti conseguenze soprattutto per l’operatività delle amministrazioni con dimensioni più significative.
Dal punto di vista degli Enti Locali, invece, i Comuni non capoluogo si sono spesso dichiarati non ancora pronti, in molti contesto territoriali, a recepire le nuove direttive e a definire convenzioni per la gestione associata della funzione procurement.
La stessa ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha presentato spesso emendamenti in tal senso, con la richiesta di revisione della norma sulle Centrali uniche di committenza per l’acquisto di beni e servizi. In particolare, l’ANCI condivide pienamente il principio sotteso al risparmio della spesa pubblica e la necessità di ridurre le numerose stazioni appaltanti ad oggi esistenti – si legge nella nota – tuttavia si esprime la forte preoccupazione dei Comuni per le difficoltà amministrative legate ai processi di aggregazione, in particolare dei Comuni non capoluogo di provincia che potrebbero determinare – in alcuni casi si sta già verificando – uno stato di paralisi del mercato.
Nello specifico si fa riferimento alla problematica maggiormente sentita di non consentire ai comuni fino a 10.000 abitanti, acquisti in autonomia, per importi al di sotto di 40.000 euro, nonché agli interventi di somma urgenza. In taluni casi e per importi limitati – rimarca l’Associazione – è notevolmente più economico e rapido rivolgersi a fornitori che prestano la loro attività nei pressi del territorio comunale che non ricorrere a Consip. La strada maestra che occorre seguire per gli acquisti nelle PA sia quella della cooperazione tra comuni, per conseguire economie di scala e rendere più rapidi questi percorsi amministrativi. Tuttavia ad oggi il quadro normativo italiano non ha ancora definito con chiarezza e semplicità come si devono muovere gli enti locali al riguardo.
Come finirà, date queste premesse, questa sempre più logorante fiction sull’avvio delle centrali uniche di committenza per Pubbliche Amministrazioni e fornitori? Quest’ennesima proroga in un provvedimento che poco o nulla ha a che fare con l’acquisto di beni e servizi da parte della PA non promette nulla di buono.