Alcuni giorni fa è arrivata la “strigliata” della Commissione europea all’Italia per l’Assegno di Inclusione: “aumenta la povertà”.
L’Assegno di Inclusione è una delle due misure di sostegno, insieme al Supporto per la formazione e il lavoro, introdotte dall’ultima Legge di Bilancio, che ha sostituito il Reddito di Cittadinanza.
Ricordiamo che l’Assegno di Inclusione è riconosciuto ai nuclei familiari con almeno un componente nelle seguenti condizioni:
- Disabilità;
- Età superiore a 60 anni;
- Minore età;
- In condizioni di svantaggio e inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali, certificato dalla pubblica amministrazione.
Il nucleo familiare richiedente deve essere in possesso di un Isee, in corso di validità, inferiore a 9360 euro.
Ma la misura di sostegno è al centro del ciclone, dopo un’analisi condotta dalla Commissione Europea, nell’ambito del semestre europeo. Secondo l’analisi, infatti, l’Assegno di Inclusione determinerà un aumento dell’incidenza della povertà assoluta e infantile, rispettivamente di 0,8 e 0,5 punti percentuali, rispetto al regime precedente.
Ecco un approfondimento.
La Commissione Europea bacchetta l’Italia: più poveri con l’Assegno di Inclusione?
L’analisi fatta evidenzia il rischio di una diminuzione dell’impatto nel contrasto alla povertà, a causa dei requisiti troppo stringenti.
Nonostante i diversi sforzi fatti nell’ambito dell’occupazione, l’Italia dovrebbe affrontare meglio le sfide nell’ambito del mercato del lavoro, della protezione sociale, dell’inclusione e dell’istruzione, secondo il rapporto dell’Europa.
Il problema sta anche nei dati dell’occupazione: è vero che ci sono lievi miglioramenti, rispetto al 2023, ma la percentuale dei contratti a tempo determinato rimane tra le più elevate nell’Unione Europea. Troppo alti anche i numeri delle forme di lavoro non standard, come il lavoro stagionale.
Ad essere colpite sono anche le retribuzioni, considerate “strutturalmente basse”, un fattore che rappresenta una grande criticità, portando ad un potere d’acquisto minore, rispetto al resto d’Europa.
Nel report si legge:
“Tra il 2013 e il 2022, la crescita dei salari nominali per occupato è stata del 12%, metà della crescita a livello dell’Ue (23%), e mentre il potere d’acquisto nell’Ue è aumentato del 2,5%, in Italia si è ridotto del 2%. La stagnazione salariale, la bassa intensità di lavoro e i bassi tassi di occupazione, insieme a un’elevata percentuale di famiglie monoreddito, comportano significativi rischi di povertà lavorativa”.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it