Piace ricordare, in questi giorni di shopping di fine anno, una mostra fotografica di Fulvio Roiter dal titolo Commercio, la dignità di un mestiere (2005) che ci fece compiere il giro del mondo in oltre 80 affreschi di quel caleidoscopio umano che è l’arte del vendere e del comprare.
Una dignità che viene da lontano e che percorre trasversalmente la storia antropologica dello scambio delle idee, delle culture prima ancora che delle merci. Certo nell’epoca dell’e.commerce, di Facebook, di Twitter, il commercio di vicinato sa di dover compiere un salto culturale, ma quanto a qualità forse ha ancora molto da far condividere a tutto il mondo economico: fmanza compresa. Infatti la sua dignità di un mestiere si manifesta sotto due aspetti.
Primo aspetto: per sua natura è basato sull’essere umano e solo dopo anche sulla tecnologia, che sapientemente utilizza senza esserne manipolato, due elementi che fanno si, con una doppia dissolvenza, che il vendere sia intuito e quindi vissuto come un’arte.
II secondo aspetto: il commercio, oltre alla compiuta storicità, nel presente e per il futuro, produce nuova storia. Fatti, eventi, società, economia, comportamenti e visioni della vita, cambiamenti dell’ambiente urbano, estetica delle relazioni. La distinzione, percepibile e percepita dal cliente, tra commercio e ristorazione tradizionale e grande distribuzione, tra e.commerce e bottega, sta tutta nella comprensione della diversa fenomenologia delle relazioni e delle dinamiche, fisiche o virtuali, che definiscono stili di scambio o distinguono quest’ultimo dal semplice consumo.
Entriamo in una delle – ahimè sempre più rare – gastronomie… troveremo ad aspettarci un professionista, un ricettario vivente, che si toglierà una penna dall’orecchio per segnare sul suo tablet l’ultimo ordine per i fornitori, controllare se il suo cliente, manager che non ha tempo per passare in negozio, ha ricevuto a casa la spesa ordinata pochi minuti prima dal sito. Professionista perché sa e vuole anche regalarci un sorriso, un consiglio non virtuali, perché siamo andati a trovarlo.
Agevolare questo percorso, interpretando necessità e proposte, percependo le capacità diversificate di assorbimento delle innovazioni dei singoli operatori è compito delle associazioni di imprenditori, che ne rendono possibile la condivisione dialettica con il territorio, la società e la politica. Questa si dimostra sensibile alle potenzialità insite nella funzione sociale del negozio di vicinato o del ristorante se crea l’ambiente normativo e fornisce gli strumenti finanziari coerenti alla dimensioni e alla funzione di queste imprese e in grado di garantire loro la reale libertà di concorrere, in modo complementare a tutti gli altri soggetti del settore, alla costruzione dell’economia e alla cultura economica urbana contemporanee.
Chi fa questo mestiere è consapevole della responsabilità sociale che ha, quando ogni giorno si affaccia da un negozio o un bar o da un ristorante su una piazza, sia essa fisica o virtuale, di dover condividere con persone presenti o lontane, la dignità di chi fa la storia della propria comunità che lo circonda, così come della più estesa global community.