A Vimercate, provincia di Monza e Brianza, l’unica struttura pubblica per l’infanzia perdeva 480mila euro l’anno: un anno fa il sindaco di centrosinistra l’ha ceduto con un bando, “oggi i sei nidi privati offrono in rete servizi più capillari di prima”. Ecco un nuovo modello di welfare in tempo di crisi.
Scandalo in Brianza: un sindaco di centrosinistra cede l’unico asilo nido comunale, nato a inizio anni ’70, al privato sociale, dipendenti compresi, a causa del disavanzo economico che va avanti da anni. Succede a Vimercate, popoloso e apprezzato centro di 26mila abitanti in provincia di Monza e Brianza.
Era l’inizio del 2013: titoloni sui giornali locali, sindacati sulle barricate, figure educative spiazzate e infuriate. Il sindaco Paolo Brambilla (al secondo mandato) e la propria giunta tengono duro e nel settembre 2013 il nido ‘Il Girotondo’ cambia gestione. Alcuni mesi dopo, e siamo all’oggi, una convinzione comincia a farsi strada in paese: forse, al di la del disagio iniziale, il cambiamento non è stato così male. Anzi. Le casse comunali respirano, ma soprattutto qualcosa di virtuoso sta accadendo nei sei nidi privati attualmente in attività: “le rette sono rimaste uniformate a quelle che aveva il nido comunale, mentre la gamma di servizi è in aumento”, sottolinea lo stesso Brambilla, che ha seguito in prima linea tutta la vicenda: “si tratta di una decisione difficile, ma che andava presa per il bene di tutti: lo dico al di là del colore politico, piuttosto come cittadino che vive da sempre in paese e che ha visto crescere i propri figli da quelle stesse insegnanti a cui è stato messo in gioco il posto di lavoro”.
In effetti, sindaco, la questione di fondo è del tutto atipica: un primo cittadino progressista che rinuncia alla gestione pubblica di un servizio per affidarlo al privato. Si potrebbe chiamare sussidiarietà, ma come spiegarlo ai cittadini?
A prima vista la vicenda è tale, e anche burocraticamente si chiama ‘cessione di ramo d’azienda con diritto privatistico’. Ma quel che più conta è ciò che sta subito dietro: avevamo un buco in bilancio di 480mila euro l’anno, ora riusciamo a mantenere un alto livello di servizi investendo 150mila euro all’anno per sostenere l’iscrizione delle famiglie in difficoltà e dedicando parte della spesa risparmiata ad altre azioni sociali prioritarie, come le 20mila euro che abbiamo destinato per borse lavoro ai disoccupati o le 10mila per aiutare l’unico polo educativo materna di una frazione, Velasca, la scuola materna paritaria in difficoltà economica. In fin dei conti si tratta di riuscire a interpretare il tessuto sociale e capire che emergenze del passato non sono più tali, pur rimanendo temi importanti, mentre la crisi di oggi ci porta nuove sfide che un Comune, nonostante la scure dei tagli, deve riuscire ad affrontare.
Perché l’asilo nido è un’emergenza del passato?
Perché quando è stato aperto il primo nido comunale non c’era nessun altro servizio educativo per la prima infanzia in paese. In quegli anni di boom economico e del lavoro femminile in forte crescita era necessario che l’ente pubblico mettesse in campo proprie risorse in quella direzione , anche con la successiva apertura di un secondo nido. Poi, già nel 1995, una delle due scuole è stata chiusa perché troppo onerosa per l’ente, nel frattempo sono nati i nidi privati, e l’offerta si è diversificata. Siamo arrivati ai tempi nostri che, per assurdo, a causa di problemi economici il Comune arrivava a contrarre l’offerta: dei 65 posti previsti, si arrivava al massimo a 55, per non gravare ancor più sul bilancio di spesa, che per l’88% era di costo del personale. Da qui la decisione di passare il testimone al privato, con un bando poi vinto da una cooperativa sociale. Ma senza abbassare la guarda nel sostegno alle famiglie, solo mutandone la forma.
Con il bando di 150mila euro annuali riuscite a far fronte a tutte le richieste?
Sì, le 53 domande ricevute in questo primo anno di cambiamento hanno avuto tutte un esito positivo. Mentre prima le famiglie in difficoltà si rivolgevano solo al ‘Girotondo’, ora l’utenza è diffusa su cinque dei sei nidi (il sesto, aperto da pochi mesi, è nell’Energy park, il moderno polo tecnologico fuori dal paese, dove tra le varie aziende c’è la Alcatel-Lucent, e ospita soprattutto figli dei dipendenti, ndr) con i quali il Comune ha sottoscritto una convenzione che sta portando notevoli risultati: una calmierazione dei prezzi, con un massimo di 630 euro mensili che era la tariffa massima anche del nido comunale, una maggiore flessibilità d’orario, dato che l’erogazione del servizio part time nella struttura pubblica non era previsto sempre per problemi di costi, un aumento dell’offerta d’orario con aperture straordinarie il sabato mattina e i servizi di pre e post scuola. Ancora, seguiamo da vicino i programmi formativi così come la rendicontazione, tre nidi lavorano in strutture comunali concesse in comodato d’uso, agli altri nidi destiniamo fino a diecimila euro annuali per la didattica.
E il personale coinvolto?
Nessun licenziamento. Dei 17 dipendenti, la coordinatrice è rimasta a lavorare per il Comune (oggi continuiamo comunque a monitorare tutti i nidi, 210 bambini iscritti, seguendo le famiglie beneficiare del sostegno comunale), così come lo sono rimaste le due persone disabili inserite, che continuano lo stesso lavoro. Nel bando di gara per l’affidamento è stato specificato che le altre 14 persone coinvolte avrebbero dovuto essere riassorbite nella nuova struttura con la stessa retribuzione, con il Comune che si impegna a pagare la differenza tra la paga base del pubblico impiego e quella del Ccnl della cooperazione sociale per la vita lavorativa delle persone. All’appello mancavano 40mila euro per le varie indennità: l’amministrazione si è offerta di coprirne la metà, ma la trattativa con i sindacati che seguivano le lavoratrici non è andata in porto e la successiva procedura in Prefettura ha portato comunque loro una parte delle retribuzioni, non da parte comunale dato che dal momento della cessione nella trattativa era entrata la nuova gestione.
Un anno dopo, cosa le dicono i cittadini?
Non ci sono giunte lamentele di alcun tipo a riguardo, e questo è già un successo. Sono cosciente della difficoltà di un’operazione simile: per decenni ci si è abituati a un cambiamento che presupponeva un’aggiunta di servizi a quelli già esistenti, ma oggi in ogni nostra scelta si è obbligati a mettere in discussione lo status quo, perché il momento storico lo impone. Basti pensare che nei miei due mandati ho visto ridurre il personale comunale da 210 a 152 unità. Quello che assolutamente è da evitare è il taglio di servizi, ma nel nuovo modo di fare welfare essi vanno rimodulati anche a costo di scelte che possono sembrare impopolari, e il caso degli asili nido è un valido esempio: l’offerta rimane, diversa da prima ma non per questo meno valida, anzi. Governare il cambiamento significa questo, oggi. I nostri uffici ci hanno seguito in questa operazione, con il coordinamento del nostro Segretario.
La prossima sfida?
Con altre tre amministrazioni comunali limitrofe stiamo per partire con la proposta dell’Unione dei Comuni, ovvero un nuovo ente locale a cui poco alla volta i singoli enti trasferiscono quelle funzioni che possono essere svolte in modo congiunto. Un esempio di accorpamento? La polizia locale, che andrebbe sotto un solo comando anziché i quattro attuali, con un notevole risparmio economico e strutturale, ma soprattutto un servizio che vogliamo fare crescere in modo omogeneo sui nostri territori.
FONTE: www.vita.it
AUTORE: Daniele Biella