L’esenzione dalle accise concessa per la produzione di energia elettrica non può estendersi anche alla contemporanea produzione di calore per il teleriscaldamento.
Con la sentenza 19753/2014, la Cassazione si è pronunciata nell’ambito di una controversia relativa al corretto trattamento fiscale, ai fini delle accise, di una centrale di cogenerazione e teleriscaldamento, alimentata da gas metano e nella quale la produzione di calore è determinata dai cascami, ossia dal recupero dell’energia termica derivante dai gas di scarico della turbina servente l’impianto di produzione dell’elettricità.
All’approvvigionamento del combustibile provvede la società fornitrice in forza di contratto di somministrazione, nel quale la società utente s’impegna a impiegare il gas per la sola produzione di energia elettrica e calore e a effettuare tutte le denunce al fisco e le comunicazioni alla fornitrice necessarie secondo previsioni legislative e amministrative; il prezzo del gas è pattuito, restando a parte qualsiasi imposta o tassa presente o futura.
Riguardo agli adempimenti amministrativi, il fisco richiede alla società fornitrice d’inserire nella propria dichiarazione di consumo il gas metano fornito per la centrale di cogenerazione e alla società utente di comunicare mensilmente alla fornitrice i chilowattore di energia elettrica prodotti; per parte sua, la società fornitrice fattura alla società utente i consumi di gas traslando su tale società l’imposta di consumo sul gas metano (accisa), quale elemento del prezzo finale di vendita, secondo modalità consuete nella vigenza, dapprima, dell’articolo 17 del decreto legge 331/1993 e ora degli articoli 16 e 26 del Testo unico delle accise, emanato con il Dlgs 504/1995 (nel testo anteriore alla novella del 2007).
Oggetto della controversia è la richiesta di restituzione della somma versata a titolo di tributo erariale (accisa) e addizionale regionale dalla società che gestisce l’impianto di cogenerazione e teleriscaldamento, che ha convenuto in giudizio la società fornitrice, denunciando l’inesistenza del presupposto oggettivo della tassazione in assenza di un effettivo consumo di gas metano per il teleriscaldamento, ulteriore rispetto a quello esente e impiegato per la produzione di elettricità.
Con riferimento al gas metano soggetto ad accisa armonizzata, la Cassazione osserva preliminarmente che il rapporto fiscale inerente al pagamento del tributo si svolge tra l’Amministrazione finanziaria e i soggetti che forniscono direttamente il gas metano e a esso resta estraneo l’utente; ne consegue che quest’ultimo, quando fa valere nei confronti del fornitore l’azione di ripetizione della parte di prezzo corrispondente al tributo, ritenendo di essere esonerato dal relativo pagamento, chiede la restituzione di una parte del prezzo indebitamente corrisposta, perché la traslazione del tributo non avrebbe potuto essere compresa nel prezzo medesimo.
Sotto il profilo normativo, le note legislative in calce ai citati articolo 17 del Dl 331/1993 e articolo 26 del Dlgs 504/1995 chiariscono che sono compresi negli usi industriali gli impieghi del gas metano come combustibile nel “teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che hanno le caratteristiche tecniche indicate nell’art.11, comma 2, lett. b) della L. n.10 del 1991, anche se riforniscono utenze civili”; a tali fini, quindi, è sufficiente che l’impianto abbia una “potenza elettrica minima installata per la cogenerazione pari ad almeno il 10% della potenza termica erogata all’utenza”.
Pur ritenendo indiscutibile, sul piano logico, che ogni compendio di cogenerazione e teleriscaldamento non possa che essere destinato, di per se stesso, alla produzione congiunta di energia elettrica e calore per il riscaldamento, la Corte afferma che nulla, sul piano letterale e logico-giuridico, può alimentare la tesi che il legislatore voglia estendere l’agevolazione concessa per la produzione di energia elettrica anche alla contemporanea produzione di calore per il teleriscaldamento.
Il senso del beneficio, secondo un’interpretazione conforme al regime facoltativo di esenzione per la produzione di elettricità prospettato dalla normativa comunitaria – il riferimento, ratione temporis, è all’articolo 8 della direttiva 92/81/Cee – non può che essere coerente con la natura e la funzione stessa dell’accisa quale imposta indiretta che colpisce la fabbricazione e l’immissione al consumo di determinati prodotti; in materia di prodotti energetici, l’agevolazione, diversamente dalla tassazione, non deriva dal prodotto energetico, ma dalla diversa tipologia del suo utilizzo.
Secondo la Cassazione, l’esenzione dall’accisa accordata al gas metano utilizzato per la produzione, diretta o indiretta, di energia elettrica con impianti obbligati alla denuncia, prevista dalle disposizioni che disciplinano l’imposta di consumo (ora, accisa) sull’energia elettrica, trova la propria ratio nell’intento di evitare un appesantimento di costi per gli utenti, consumatori finali, atteso che anche l’energia elettrica è, a sua volta, sottoposta a imposta erariale di consumo (ora, accisa) in forza dell’articolo 52 del Dlgs 504/1995; ciò spiega la ragione per la quale la richiamata disposizione della direttiva 92/81/Cee consente agli Stati di applicare esenzioni o riduzioni totali o parziali dell’aliquota di accisa agli oli minerali (come il gas metano) usati nel settore della produzione di elettricità.
Per la Cassazione, dunque, nulla consente di estendere analoga esenzione al settore del riscaldamento, sia per l’assenza di un’espressa disposizione di esenzione, sia per l’assenza di qualsivoglia eadem ratio, atteso che la produzione di calore non è a sua volta soggetta ad accisa e il combustibile all’uopo adoperato non è esentato né a livello nazionale né a livello comunitario.
Sul punto, la Cassazione censura le conclusioni raggiunte dalla Corte d’appello, che accoglievano le tesi sostenute dalla società utente, nelle quali si trascurava che è la natura del prodotto finale che governa l’esenzione (o meno) dall’imposizione dei consumi, mentre si privilegiavano, invece, le peculiari modalità del processo produttivo, estranee alle disposizioni di esenzione: non rileva l’esistenza o meno di extraconsumi per la produzione di calore rispetto alla produzione di elettricità e la definizione di cascami, data in sede peritale al recupero dell’energia termica derivante dai gas di scarico della turbina servente l’impianto di produzione dell’elettricità, ma ciò che conta nel sistema di esenzione è il fine del consumo del gas metano, cioè il prodotto ottenuto (elettricità) e non il processo produttivo adottato.
Le citate note legislative in calce all’articolo 17 del Dl 331/1993 e all’articolo 26 del Dlgs 504/1995 stabiliscono, come detto, che sono compresi negli usi industriali gli impieghi del gas metano come combustibile nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che hanno le caratteristiche tecniche indicate nell’articolo 11, comma 2, lettera b, della legge 10/1991; la nozione di cogenerazione è di per sé stessa legata alla produzione combinata di energia elettrica e calore, senza altre specificazioni (vedi articolo 2 del Dlgs 79/1999), mentre per teleriscaldamento non può che intendersi la fornitura di acqua calda e di vapore a edifici o quartieri residenziali, operata a distanza mediante apposite tubature che collegano la centrale agli utenti (in questi termini, cfr sentenza 10763/2013).
La stessa Autorità per l’energia elettrica e il gas, nel definire (nel 2002) la produzione combinata di energia elettrica e calore (cogenerazione), parlava di un sistema integrato che converte l’energia primaria di una qualsivoglia fonte di energia nella produzione congiunta di energia elettrica e di energia termica (calore), entrambe considerate effetti utili: la cogenerazione realizza, dunque, un abbinamento produttivo nel quale la legge non distingue alcunché, bastando che il calore generato sia trasferito all’utilizzazione esterna, ivi compresi gli usi civili di riscaldamento.