codici-appalti-pubblici-procedure-affidamentoL’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), in una recente nota, esorta le stazioni appaltanti ad individuare i codici per gli appalti pubblici (Cpv) corretti da indicare nelle procedure di affidamento, per evitare frequenti errori e incongruenze.


Tramite il richiamo dell’Autorità si vuole far attenzionare alle stazioni appaltanti l’importanza di individuare i codici d’appalto giusti negli affidamenti.

Nell’ambito dell’attività di vigilanza è emerso infatti che spesso le stazioni appaltanti ricorrono a errori dovuti all’incongruenza tra la prestazione identificata dal codice CPV (Common Procurement Vocabulary) prescelto e l’effettivo oggetto del contratto da affidare. Anac ricorda che l’utilizzo del CPV è obbligatorio dal 1° febbraio 2006.

Si tratta, inoltre, di una precisazione importante anche nell’ottica del Nuovo Codice degli Appalti che, a partire dal 1° luglio 2023, comporterà diverse novità per gli Acquisti delle Pubbliche Amministrazioni.

Codici per gli Appalti Pubblici nelle procedure di affidamento

Il Common Procurement Vocabulary consiste in un sistema unico europeo di classificazione delle attività utilizzato per descrivere l’oggetto dei contratti da affidare.

È utilizzato a fini statistici e di raccolta dati, ma la sua funziona primaria è quella di uniformare e standardizzare la descrizione dell’oggetto della gara indicato nel bando, fornendo un riferimento comune in tutte le lingue dell’Unione europea.

L’utilizzo corretto di una nomenclatura unica consente di rimuovere le barriere linguistiche e di eliminare gli errori di traduzione, garantendo così una maggiore trasparenza delle procedure ed un incremento della concorrenza transfrontaliera.

Tramite i codici CPV, infatti, gli operatori economici possono ricercare nella banca dati elettronica dove sono pubblicati tutti i bandi europei (TED), le gare pubbliche relative ai propri campi di interesse.

Cosa comporta un Codice errato?

L’impropria attribuzione del codice CPV, avverte l’Anac, può avere rilevanti conseguenze. Indicare un codice non congruente con la prestazione da affidare viola i principi di trasparenza e pubblicità che impongono, alle stazioni appaltanti, di fornire informazioni chiare e precise sulle procedure onde consentire una valutazione sulla legittimità del loro operato.

Allo stesso tempo, viola il principio di par condicio, poiché non consente a tutti gli operatori economici potenzialmente interessati di conoscere le opportunità effettivamente esistenti, con una conseguente violazione del principio di tutela della concorrenza.

Un codice CPV errato può determinare anche una violazione degli obblighi di pubblicità legale. Se, ad esempio, viene indicato, erroneamente, nel bando un codice CPV per il quale è prevista una soglia di rilevanza comunitaria più alta tale bando verrà pubblicato solo a livello nazionale e non in ambito europeo, determinando una lesione ancora maggiore della libera concorrenza.

Quali sanzioni?

Trasparenza, pubblicità e tutela della concorrenza sono funzionali a garantire efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, pertanto un codice CPV errato, in ultimo, determina una violazione del principio di buona amministrazione, impedendo un miglior utilizzo delle risorse pubbliche.

Infine, comunicare un CPV errato all’Anac potrebbe costituire la comunicazione di un’informazione non veritiera, con conseguente possibile applicazione di sanzioni nei confronti della stazione appaltante.

Il testo completo della nota

Potete consultare qui il documento.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it