La fattispecie sub judice (Cassazione, 10606/2015) ha ad oggetto la contestazione alla società contribuente, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della violazione dell’obbligo di fatturazione di cui all’articolo 21 del Dpr n. 633/1972, in relazione ad alcune somme ricevute a titolo di acconto da una società estera, nell’ambito di un’operazione di cessione di macchinari industriali. In particolare, contrariamente a quanto eccepito dalla società contribuente, l’Amministrazione finanziaria ha qualificato come imponibile Iva l’acconto in questione, non avendo la controparte fornito idonea dimostrazione della sussistenza delle condizioni per l’esenzione, ossia la destinazione all’esportazione del bene in oggetto.
L’operazione, realizzata nell’ambito della cessione di macchinari industriali, è imponibile Iva se non viene idoneamente dimostrata la sussistenza delle condizioni per l’esenzione.
In via preliminare, la sentenza in epigrafe ricorda come, in tema di acconti, l’articolo 10, n. 2, comma 2, della sesta direttiva Iva (trasfusa nella direttiva 2006/112/Ce), recepito nell’ordinamento interno nell’articolo 6, comma 4, del Dpr n. 633/1972, dispone l’esigibilità dell’imposta anche per il caso in cui la cessione o la prestazione non siano state ancora eseguite, purché tutti gli elementi qualificanti la futura cessione o prestazione siano già noti alle parti e, al momento del versamento dell’acconto, i relativi beni o servizi siano specificamente individuati.
Infatti, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, “in caso di pagamento anticipato (come in quello di anticipata fatturazione dell’acquisto), il contenuto economico dell’operazione si considera già – in tutto o in parte – realizzato, dando vita al presupposto fiscalmente sufficiente per la sua imponibilità, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato” (Cassazione, 16 dicembre 2011, n. 27141; 15 maggio 2008, n. 12192).
Così ricostruita la vicenda, la Suprema corte accoglie il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, rilevando come, nel caso di specie, il versamento dell’acconto concernesse un contratto di cessione di un macchinario industriale ben individuato, per cui, in assenza di un’adeguata prova della destinazione all’esportazione del medesimo, non può sostenersi la non imponibilità ai fini Iva dell’operazione. Né può sostenersi, come affermato in sede di appello, che la cessione non sia mai avvenuta, per mancata dimostrazione dell’omessa consegna del bene o del mancato versamento del saldo.
Tali eventi, come rilevato anche dalla giurisprudenza europea, possono incidere unicamente sul fronte della detrazione, “nel senso di consentire la rettifica, se operata dal destinatario di una fattura redatta ai fini del pagamento di un acconto concernente la cessione di beni nel caso in cui tale cessione, in definitiva, non sia stata effettuata, anche qualora il fornitore resti debitore di tale imposta e non abbia rimborsato l’acconto” (Corte di giustizia Ue, 13 marzo 2014, causa C-107/13).