caso-stefano-cucchi-carabiniere-racconta-pestaggioCucchi, un carabiniere racconta pestaggio e fa i nomi. Ilaria Cucchi: “Il muro è stato abbattuto”. Cade finalmente il silenzio su una vicenda incresciosa.


Colpo di scena nel processo sul caso di Stefano Cucchi: un carabiniere ha ammesso il pestaggio di Cucchi la sera dell’arrestoe accusato altri due militari imputati insieme a lui di essere responsabili dell’azione.

 

La notizia è arrivata dall’aula di Tribunale in cui oggi è in corso un’udienza del processo: la Procura ha infatti informato il giudice di una recente e ulteriore attività di indagine da cui è emerso che uno dei carabinieri imputati, Francesco Tedesco, sentito, avrebbe confessato e chiamato in causa altri due militari. In particolare, è emersa una nota di servizio che il militare avrebbe redatto dopo la morte del giovane, nota in cui lui stesso confessava come andarono le cose quella notte.

 

Di recente ricordiamo che anche il film “Sulla mia Pelle“, di Alessio Cremonini, ha raccontato di questa sconvolgente, inconcepibile e inaccettabile vicenda, raccogliendo applausi e consensi all’Ultima Mostra di Venezia.

 

La nota fatta sparire

 

Questa nota, però, è successivamente sparita e non è mai stata trovata. E’ stato Tedesco, nel giugno scorso, a presentare una denuncia formale per segnalare che la sua nota di servizio era stata fatta sparire. Di qui le successive indagini dei magistrati che sono state rivelate solo oggi. La Procura ha depositato agli atti tre interrogatori, uno dei quali è quello di Tedesco.

 

Nel processo sono imputati per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità, oltre a Tedesco, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Sono loro che vengono accusati da Tedesco di essere gli autori del pestaggio. Sotto processo anche Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi per calunnia.

 

Ilaria Cucchi: “Il muro è stato abbattuto”. Al Viminale solo quando Salvini chiederà scusa”

 

“Processo Cucchi. Udienza odierna ore 11.21. Il muro è stato abbattuto. Ora sappiamo e saranno in tanti a dover chiedere scusa a Stefano e alla famiglia Cucchi”. Così su Facebook Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, a pochi minuti dalla notizia.

 

“Ci chieda scusa chi ci ha offesi in tutti questi anni. Ci chieda scusa chi in tutti questi anni ha affermato che Stefano è morto di suo, che era caduto. Ci chieda scusa chi ci ha denunciato. Sto leggendo con le lacrime agli occhi quello che hanno fatto a mio fratello. Non so dire altro. Chi ha fatto carriera politica offendendoci si deve vergognare. Lo Stato deve chiederci scusa. Deve chiedere scusa alla famiglia Cucchi”.

 

“Il giorno in cui il ministro dell’Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andarci, prima di allora non credo proprio”. Lo dice Ilaria Cucchi ai microfoni di Rtl 102.5.

 

“Stefano morto di dolore dopo quel pestaggio”

 

Nove anni per aprire una breccia in questo muro…

 

“Sì, mio fratello non è caduto dalle scale, non è morto di suo, mio fratello è stato violentissimamente pestato, questo era chiaro ai nostri occhi sin dall’ultima volta che lo abbiamo potuto vedere, morto sul tavolo dell’obitorio in condizioni terribili. Morto letteralmente di dolore dopo quel violentissimo pestaggio che per anni è stato negato. Oggi quella verità che era chiara a noi e col tempo è stata chiara a tutti coloro che hanno anche avuto semplicemente il coraggio di guardare le immagini del corpo di mio fratello è entrata anche nell’aula di giustizia”, dice ancora Ilaria Cucchi ai microfoni di Rtl 102.5.

 

“Terribile ascoltare quel racconto”

 

Il racconto del pestaggio? Terribile, avevo voglia di piangere- dice la sorella di Stefano-. Ho letto quelle parole, nero su bianco, la brutalità, la cattiveria che è stata fatta a mio fratello che ha dovuto subire… quel corpo inerme, quella fragilità. Tante volte in questi anni si è parlato, strumentalizzandola, della magrezza di mio fratello, ecco, quei due corpi che si sono avventati sopra mio fratello che era arrestato, indifeso, che non poteva fare del male a nessuno, la brutalità, la cattiveria, il disinteresse, il pregiudizio nel quale poi Stefano nei giorni successivi, sei giorni ricordo – un lasso di tempo brevissimo – è stato lasciato morire. Tutto questo si fa fatica ad accettarlo, da sorella di Stefano e da cittadina, siamo in un momento terribile per la nostra società, per il nostro Paese, nel quale si sta facendo passare in qualche maniera il concetto che i diritti umani sono sacrificabili in nome di presunti interessi superiori. Credo che mio fratello sia un esempio di questo”.

 

“In quei 6 giorni fu visto da 150 pubblici ufficiali”

 

“Una cosa che non tutti sanno – dice ancora Ilaria Cucchi – è che mio fratello in quei sei giorni in cui moriva da solo come un cane in realtà non era da solo, perché poi li abbiamo contati durante il processo, lui è stato visto, è entrato in contatto con qualcosa come 140 o 150 pubblici ufficiali, non cittadini comuni, che hanno avuto in qualche modo, a vario titolo, a che fare con lui e che hanno visto man mano il degenerare di quelle condizioni fisiche che lo hanno portato alla morte. Mio fratello stava malissimo, lo sentiamo nell’audio dell’udienza di convalida dell’arresto che si lamenta perché non può parlare tanto bene. Nessuna di quelle persone è stata capace di guardare oltre il pregiudizio e di vedere oltre quel detenuto un essere umano che stava male e che stava morendo, perché se lo avessero fatto ora non esisterebbe nessun ‘caso Cucchi’”.

 

“Io dico sempre- continua- che Stefano è morto perché era un ‘ultimo’, perché abbiamo una giustizia che ha due pesi e due misure, forte con i deboli e debole con i forti, e di ultimi ce ne sono tanti e ,ahimè, nella nostra società sono destinati ad aumentare. Vero, Stefano non me lo riporterà indietro nessuno, se domani Stefano dovesse bussare alla mia porta e dirmi che c’è stato un errore e che è ancora vivo il mio dolore di questi nove anni non me lo toglie nessuno, la mia vita è cambiata per sempre. L’unica cosa che mi dà la forza di andare avanti è provare,tramite Stefano, a dar voce a tutti gli altri Stefano, tutti gli altri ultimi di cui non importa niente a nessuno, che muoiono e che subiscono soprusi quotidianamente nel disinteresse generale, di una società che è abituata a voltarsi dall’altra parte e che pensa sempre che le cose capitino sempre agli altri e mai a se stessi”.