Dopo l’ok definitivo alla Direttiva sulle case green, quali sono le prossime tappe? Vediamole insieme.
È arrivato il via libera definitivo alla direttiva sulle case green, con l’approvazione degli Stati membri UE (alla quale, però, l’Italia si è opposta).
La Energy of buildings directive diventa, quindi, definitiva e da quando sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, scatteranno i due anni di tempo per il recepimento.
Ricordiamo, infatti, che la norma prevede di portare a zero emissioni il patrimonio immobiliare, per un costo stimato di 275 miliardi di euro l’anno.
Vediamo quali saranno i prossimi passaggi.
Prossime tappe case green: ecco cosa succederà
Nei due anni di tempo per il recepimento, l’Italia (così come tutti gli altri Paesi europei) dovrà presentare un piano di ristrutturazione del parco edilizio residenziale.
Bisognerà ottenere un taglio del 16% dei consumi medi entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.
La maggior parte delle ristrutturazioni dovrà riguardare il 43% del patrimonio edilizio più energivoro. Perciò, non basterà costruire nuovi edifici per migliorare la media, ma anche ristrutturare quelli vecchi, con classi energetiche considerate troppo basse.
Il Superbonus ha lasciato sui conti pubblici circa 84,7 miliardi di spese, nel 2023. La direttiva sulle case green, partendo dal 2020, però, considera 494mila edifici ristrutturati fino ad oggi, con la maxi-agevolazione.
Bisognerà continuare con lo stesso ritmo tenuto in questi ultimi anni e, per farlo, sono necessarie nuove risorse. Ma la direttiva approvata non mette a disposizione nessuna nuova risorsa, esortando i Paesi membri ad utilizzare quelle già a disposizione.
Un fattore che mette in difficoltà l’Italia e che ha scatenato i dubbi del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
A creare alcune perplessità sono anche i tempi di attuazione. Secondo Legambiente, infatti, il tempo di recepimento andrebbe accorciato, dati i danni provocati dal surriscaldamento climatico.
Esenzioni e sanzioni
La direttiva sulle case green prevede, però, delle esenzioni.
Saranno esentate le strutture dei centri storici e dei parchi, li edifici dedicati a scopi di difesa, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli edifici provvisori, gli edifici religiosi e i piccoli immobili sotto i 50 metri quadri.
La direttiva in sé non prevede specifiche sanzioni, ma ne chiede l’applicazione ai legislatori nazionali. Ma nel caso dell’Italia, difficilmente sarà applicato un intervento restrittivo, data la contrarietà politica manifestata in merito alla direttiva stessa.
Le prime verifiche saranno effettuate dalla Commissione UE entro il 2028, sugli eventuali progressi raggiunti dai singoli Stati e le eventuali modifiche da apportare.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it